ACCADDE OGGI: LA STRAGE DEL PANE – PALERMO, 19 OTTOBRE 1944

strage del paneSi tratta probabilmente della prima strage di Stato dell’Italia post-fascista in cui persero la vita 24 innocenti e ben 158restarono gravemente feriti. Ma cosa accadde davvero in quel maledetto 19 ottobre del 1944?

Alcune categorie di impiegati (dipendenti comunali, netturbini, ferrovieri) da giorni rumoreggiavano, chiedevano di ottenere la concessione di un’indennità di carovita analoga a quella accordata ai dipendenti dello Stato, per cercare di far fronte al continuo aumento dei prezzi di tutti i generi di prima necessità. Le richieste non soddisfatte si tramutarono presto in un maxi sciopero che si concretizzò proprio il 19 ottobre.

Quella mattina ai dimostranti si erano presto uniti i militanti della Lega Giovanile Separatista e molti cittadini, affluiti dai quartieri più poveri del centro storico (in maggioranza donne, ragazzi, bambini), trasformando quella che doveva essere una manifestazione di categoria in una rimostranza di popolo. Gli scioperanti, a gran voce, reclamavano salari adeguati ma soprattutto «pane, pasta e lavoro». I più minacciosi brandivano randelli e pezzi di legno. Nulla di più. La folla si ritrovò ammassata davanti la prefettura, presidiata da una trentina di uomini tra carabinieri e agenti di pubblica sicurezza. Quando i manifestanti appresero che il prefetto D’Antoni era fuori Palermo, gli animi si esagitarono. Alcuni facinorosi presero a battere con pietre e legni le saracinesche dei negozi chiusi, provocando forti boati. Fu allora che il vice prefetto Giuseppe Pampillonia prese una grave decisione, sproporzionata ed affrettata: invece di tentare di sedare gli animi ritenne opportuno chiamare il comando militare della Sicilia e sollecitare l’invio di un congruo contingente di soldati.

La richiesta fu prontamente accolta dai comandi militari della Sabaudia. Così dalla caserma “Scianna” di Corso Calatafìmi, partirono 53 soldati del 139° reggimento fanteria (quasi tutti sardi) armati di fucili e bombe a mano.

Mentre i soldati stavano per raggiungere i Quattro Canti furono lanciati alcuni sassi e qualche latta. Ma ci furono anche applausi. È sicuro che non c’erano armi in mano alla folla, divenuta, intanto, sempre più consistente. Questa non trascurabile circostanza tuttavia non impedì ai militari, una volta arrivati quasi davanti al portone di Palazzo Comitini, di aprire il fuoco ad altezza d’uomo contro quei poveracci disarmati. Ubbidendo a un ordine preciso e spietato, forse premeditato. In ogni caso i militari con zelo diedero esecuzione alla Circolare Roatta del 1943 che obbligava le truppe ad «agire contro il popolo senza esitazione e di reprimere con le armi qualunque perturbamento dell’ordine pubblico senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche».

La via Maqueda si colorò di rosso sangue. Dolorosissimo il bilancio: fra i civili 24 morti e 158 feriti, di cui una ventina in modo grave. Tra i militari soltanto 9 riportarono ferite lievi. Nel pomeriggio, i pompieri con forti getti d’acqua, ripulirono il manto stradale insanguinato. La sera stessa del 19 ottobre fu proclamato il lutto cittadino e si sospesero tutte le manifestazioni e gli spettacoli programmati.

Subito dopo i gravi avvenimenti di Palermo furono divulgate a mezzo stampa due versioni: una “ufficiale” ed una “ufficiosa”. Secondo la prima versione, fu lanciata una bomba a mano contro i militari della divisione e nove soldati rimasero feriti. I superstiti risposero al fuoco facendo uso dei moschetti e delle bombe a mano di cui erano armati; dando così il via alla carneficina.
L’altra versione, riportata da diversi quotidiani dell’epoca, parlò di soldati che avrebbero fatto uso delle armi senza nessun preavviso, e per di più senza essere stati fatti oggetto del lancio della bomba. I nove soldati sarebbero stati feriti da una delle bombe a mano lanciate dal bordo dello stesso autocarro.

Alla fine si provò a far ricadere la colpa dell’eccidio sul Movimento Indipendentista Siciliano di Finocchiaro Aprile, accusati di aver tentato un “colpo di mano” contro le autorità dello Stato: scattarono immediatamente arresti di massa che portarono anche alla chiusura della sede dei separatisti.

Le parole di Finocchiaro Aprile furono chiare e dirette: «La responsabilità di una delle più terribili e infami stragi che siano mai avvenute grava tutta sul governo italiano, il quale impiegò truppe note per la loro dedizione alla monarchia sabauda, che non riscuote più la fiducia del popolo, e per il loro odio contro noi siciliani, manifestato in più occasioni. L’intervento di queste truppe quando la dimostrazione era al suo termine e l’uso dei mezzi bellici più micidiali contro una folla inerme sono rilevatori di un sistema che le leggi più elementari della civiltà non possono non condannare». (neosrl)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.