CRONACA: Annunciò il coronavirus, morto il medico cinese che non venne creduto

Il dottor Li venne fermato dalla polizia, minacciato, screditato prima di essere riabilitato e fatto tornare al suo lavoro in corsia a Whuan. Il cordoglio dell’Oms ma l’ospedale dove è ricoverato nega

È morto il medico che aveva dato per primo l’allarme sulla diffusione del coronavirus, ma non era stato ascoltato. Dopo alcune ore dal primo annuncio dell’Oms, e la smentita di alcuni media statali, la notizia ora è stata confermata dall’ospedale dove Li Wenliang è ricoverato da giorni.

L’oculista dopo aver dato l’allarme era stato fermato dalla polizia, minacciato. Screditato dalle autorità, arrestato insieme ai sette colleghi che avevano messo in guardia amici e conoscenti, prima che la magistratura e la società lo riabilitasse facendone un eroe. Simbolo del silenzio del governo davanti all’emergenza, stroncato proprio dal virus che aveva cercato di combattere.

#Breaking: Chinese doctor Li Wenliang, one of the eight whistleblowers who tried to warn other medics of the #coronavirus outbreak but were reprimanded by local police, dies of coronavirus on Thursday in Wuhan, the Global Times has learned. pic.twitter.com/jzM6DF0CWE— Global Times (@globaltimesnews) February 6, 2020

We are deeply saddened by the passing of Dr Li Wenliang. We all need to celebrate work that he did on #2019nCoV – @DrMikeRyan— World Health Organization (WHO) (@WHO) February 6, 2020

Li Wenliang faceva l’oculista, aveva 34 anni. Nell’annunciarne la morte l’edizione online del quotidiano di Pechino Global Times ne ripercorre i suoi ultimi mesi: “Il dottor Li Wenliang è uno degli otto medici che avevano cercato di avvertire i colleghi dell’epidemia di coronavirus ma erano stati redarguiti dalla polizia locale”. Nel pomeriggio il quotidiano ha cenncellato il tweet  sulla sua morte, mantenendo l’articolo sul sito che ne dava notizia, mentre altri media del regime hanno scritto che l’oculista sarebbe  ancora vivo ricoverato in terapia intensiva.

Li aveva diffuso l’allarme in una chat condivisa con alcuni colleghi il 30 dicembre. In seguito era stato convocato dai responsabili dell’ufficio pubblico per la sicurezza, iscritto nel registro degli indagati e messo in guardia dal diffondere “interpretazioni false”.

Aveva notato a dicembre sette casi di un virus che gli ricordava la Sars all’ospedale di Wuhan, dove lavorava. Aveva tentato senza successo di avvertire i colleghi, di condividere l’allarme che quei casi sospetti avevano suscitato, ma le autorità locali gli avevano  fatto capire che era il caso di smetterla.

Un mese dopo Li aveva riproposto la sua storia in un post, questa volta da un letto di ospedale dove era ricoverato dopo essere stato contagiato. La sua foto con la maschera dell’ossigeno e il tesserino d’identità mostrato con fatica era diventata virale sui social in mandarino, perché nel frattempo era diventato un eroe. Li ha sfidato il potere dell’autorità locale per una “nobile causa” a favore della collettività.

“Siamo molto tristi di annunciare la perdita del medico” che per primo lanciò l’allarme sul nuovo coronavirus e che si è poi ammalato, “e vogliamo ringraziare tutti i lavoratori che sono in prima linea, i medici e tutti coloro che abbiamo perso”, ha commentato Michael Ryan, direttore esecutivo per le emergenze dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in conferenza stampa a Ginevra.

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.