Distruzione digitale, perché il vortice del web farà scomparire (o trasformerà) 4 aziende su 10 in cinque anni

Se non ce ne fossimo accorti, siamo in mezzo a un vortice. La rivoluzione digitale. Digital Vortex, il report appena pubblicato dal Global Center for Digital Initiative (Gcdi) di Cisco e Imd, traccia un bilancio traumatico sulle prospettive del mercato “offline”: quasi 1000 leader da tutto il mondo prevedono che 4 aziende su 10 saranno o risucchiate o eliminate dalla digitalizzazione che sta ridisegnando i confini della vecchia industria nell’arco di cinque anni.

Cioè, nelle parole degli autori, il «movimento inevitabile delle industrie verso un “centro digitale” in cui i modelli di business, le offerte e le catene di valore sono digitalizzate nella maggior misura possibile». Quello che si sta vivendo ora: l’urto delle tecnologie sul valore e la posizione di mercato delle società esistenti.

I più colpiti: tecnologie, media e retail
L’indagine ha interpellato sull’argomento 941 manager di 12 settori industriali e 13 paesi, Italia inclusa. Non si parla proprio di voci minori, se si considera che il 45% delle aziende coinvolte fattura in media più di un miliardo di dollari. Il bilancio? Sono gli stessi manager a stimare che il 40% delle società esistenti sarà spinto ai margini del business da un processo di digitalizzazione che non fa sconti a nessun settore, dal retail all’istruzione. Il processo ha una sua gradualità, perché il terremoto colpisce con più o meno violenza a seconda di quanto il business è esposto alla smaterializzazione del web. Non proprio a sorpresa, le prime tre vittime saranno le tecnologie stesse, i media e il commercio al dettaglio, seguite da servizi finanziari e telecomunicazioni. Impatto un po’ più lieve su educazione (6°), viaggi e ospitalità (7°, nonostante Airbnb…), manifattura (8°), sanità (9°) e servizi (10°). Soffriranno di meno oil&gas e settore farmaceutico, fanalini di coda delle rilevazioni.

Solo un manager su quattro è pronto a reagire
L’allarme è chiaro. Si pensa a un contrattacco? La risposta è ovvia: no. Il 45% dei manager intervistati nell’indagine non ritiene “preoccupazione aziendale” la scossa della rivoluzione digitale, il 43% non ha pensato a una strategia adatta, il 32% opta per una tattica “aspetta e vedi” che non prevede iniziative autonome. Solo il 25% passa all’azione, dichiarandosi “pronto alla distruzione” con lo stesso impulso innovativo di start up e pionieri che hanno cambiato pelle ai vecchi modelli di business. La contraddizione in termini, però, è che il 75% degli stessi manager vede nel digital “una forma di progresso” che non fa né bene né male: esiste. Qual è l’anello mancante tra la coscienza e forme di risposte che vadano oltre il pacifico atteggiamento da follower? Bill Fischer, professore all’Imd di Losanna ed esperto di innovazione strategica, ci spiega che il problema di prospettiva: «Forse qui non si capisce che non è una questione di tecnologie, visto che è tutto It, ma di modello di business. Uber, Airbnb… Non hanno creato tecnologie, si sono inventati un sistema. Un sistema che sfrutta l’innovazione. Ci sono dei rischi, ma va capito. Altrimenti il rischio è un altro, e peggiore».

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.