È obbligatorio dare il numero di telefono al datore di lavoro?

Rapporto di lavoro dipendente, obbligo di reperibilità e di fornire un’utenza telefonica: che cosa prevedono leggi e contratti collettivi?

Spesso, al lavoratore dipendente, viene chiesto di essere reperibile fuori orario: nel dettaglio, la reperibilità consiste nell’assunzione dell’obbligo, da parte del lavoratore, di rendersi disponibile allo svolgimento dell’attività lavorativa al di fuori del normale orario di lavoro. Dunque, è obbligatorio dare il numero di telefono al datore di lavoro? In primo luogo, va chiarito che la reperibilità deve essere espressamente prevista dal contratto collettivo di categoria applicato al rapporto o da una specifica clausola inserita nel contratto di lavoro.

La reperibilità è una prestazione strumentale e accessoria differente dalla prestazione di lavoro [1]: il periodo in cui il dipendente si rende disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro non rientra nell’orario lavorativo.

Peraltro, il dipendente potrebbe fornire, per essere contattato dall’azienda, un’utenza diversa dalla propria, o proporre una modalità differente dalla telefonata: non esiste una legge che preveda l’obbligo di dare il numero di telefono al datore di lavoro, ma tutto dipende dalle disposizioni del contratto collettivo e dagli accordi individuali. In parole semplici, se non c’è obbligo di reperibilità, non sussiste nemmeno l’obbligo di fornire l’utenza telefonica o un contatto alternativo. Ma procediamo con ordine

Indice

Come funziona la reperibilità?

La reperibilità eventualmente prevista dal contratto collettivo o individuale può essere attiva, nel caso in cui il dipendente sia obbligato a rispondere immediatamente alla chiamata e a recarsi subito in azienda, senza allontanarsi dalla zona in cui è ubicato il luogo di lavoro. La reperibilità attiva è solitamente richiesta a chi svolge mansioni di particolare importanza: si pensi ai vigili del fuoco, il cui intervento è tanto più efficace quanto più è tempestivo.

La reperibilità può anche essere passiva: la reperibilità passiva è una prestazione strumentale ed accessoria rispetto alla prestazione lavorativa in senso stretto e consiste nell’obbligo del lavoratore di rendersi rintracciabile, fuori dall’orario di lavoro, in vista di un’eventuale necessità di svolgere l’attività lavorativa. La reperibilità passiva svolta nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto la possibilità di riposarsi, ma non compromette il recupero psicofisico.

Quando è pagata la reperibilità?

Il periodo di reperibilità fa parte dell’orario di lavoro se i vincoli imposti al dipendente sono tali da limitare in modo oggettivo e significativo la facoltà di gestire il tempo libero, nonché di dedicare questo tempo ai propri interessi.

A questo proposito, si è soliti distinguere anche tra reperibilità interna da quella esterna. Nel primo caso, il lavoratore è chiamato a essere reperibile presso la sede di lavoro ed il servizio si trasforma in una vera e propria attività lavorativa [2].

Per reperibilità esterna si intende, invece, il servizio svolto senza alcun vincolo di luogo: dato che la libertà del dipendente non viene compromessa, il tempo a disposizione non può essere assimilato all’attività lavorativa.

In generale, quando la reperibilità non limita la possibilità di organizzarsi del lavoratore, non è retribuita. Questo, in pratica, avviene qualora la reperibilità consista nel mero obbligo del dipendente di essere rintracciabile, al di fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un’eventuale prestazione lavorativa [1].

Com’è pagata la reperibilità?

L’ammontare dell’indennità di reperibilità, quando dovuta, è stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinata dalle parti o, in difetto, dal giudice. Il lavoratore può aver diritto, oltre all’indennità di reperibilità, anche a un riposo compensativo.

Il riposo non spetta in automatico, qualora la reperibilità sia richiesta in una giornata festiva o durante il riposo settimanale, perché la mera disponibilità non compromette il recupero psicofisico del dipendente: il lavoratore può comunque richiedere il risarcimento del danno subito, qualora riesca a provare in concreto che la disponibilità durante il riposo è risultata pregiudizievole per la sua salute.

A fronte della reperibilità, possono essere riconosciuti anche dei compensi per il tempo di viaggio e dei rimborsi per l’utilizzo del mezzo pubblico o privato, nonché per la chiamata.

Il compenso per reperibilità deve essere, comunque, differenziato al compenso per i casi di intervento, in cui l’attività lavorativa è effettivamente svolta: un conto, difatti, è il tempo di lavoro, un conto il tempo durante il quale l’attività non viene svolta, ma si deve essere rintracciabili.

Che cosa succede se il dipendente non risponde al telefono?

Se il dipendente tenuto alla reperibilità non è rintracciabile, le conseguenze dipendono dalle previsioni del contratto collettivo, o individuale. Nessuna sanzione può essere applicata se il lavoratore non ha l’obbligo di reperibilità.

Lavoratore a chiamata che non risponde al telefono

Il lavoro a chiamata o intermittente, è una particolare tipologia di rapporto di lavoro subordinato, in cui il dipendente svolge la prestazione su chiamata del datore di lavoro in modo discontinuo o intermittente.

Il ricorso al lavoro a chiamata è consentito con o senza clausola di disponibilità: se prevista, il lavoratore si obbliga a rispondere alla chiamata, con almeno 1 giorno di preavviso e percepisce un’indennità mensile di disponibilità.

Qualora il dipendente abbia fornito la disponibilità e non risponda alla chiamata senza giustificato motivo, può essere licenziato ed obbligato a restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto [3].

In caso di malattia o di un altro evento che renda temporaneamente impossibile rispettare la disponibilità, il lavoratore è comunque tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento. Nel caso in cui non vi provveda, perde il diritto all’indennità di disponibilità per un periodo di 15 giorni, salvo diversa previsione contrattuale. Nei periodi di temporaneo impedimento, il lavoratore non matura il diritto all’indennità di disponibilità. (Fonte)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.