GIURISPRUDENZA: Responsabilità del preposto per un infortunio mortale. Sentenza n. 30832 del 09 agosto 2022.

Cassazione Penale, Sez. 4, 09 agosto 2022, n. 30832 – Infortunio mortale durante la manovra di discesa del cestello elevatore. Responsabilità del capocantiere/preposto

Con sentenza del 20 luglio 2020, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Palermo del 29 marzo 2017 in cui veniva condannato alla pena, di anni due di reclusione (con pena sospesa) il capocantiere della CEIT impianti, per aver cagionato la morte di un lavoratore per la violazione delle norme in materia di prevenzione infortuni sul lavoro ed in specie dell’art. 19 comma 1 lettere a) ed f) del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
Il processo di cui trattasi, ha avuto per oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi a Monreale (Pa), il 3 novembre 2008 in cui il lavoratore Rosario N., di 54 anni, al momento del grave infortunio stava effettuando,  per conto della CEIT impianti s.r.l. in subappalto all’Enel S.p.A., il potenziamento della linea a bassa tensione di via M12 a Monreale . 
E’ giusto chiarire che il lavoratore coinvolto nel grave infortunio, non era dipendente diretto della CEIT impianti, ma di una società terza, a carattere familiare, rispetto alla quale egli svolgeva anche il ruolo di caposquadra.

Al momento dell’infortunio, secondo la ricostruzione emersa della dinamica dell’infortunio, il sig. R.N. stava lavorando su una piattaforma di lavoro elevabile collegata ad una gru su autocarro, a circa quattro metri d’ altezza, quando all’improvviso, per la forte pendenza della strada e la superficie bagnata dalla pioggia, l’autocarro ha iniziato a muoversi per finire la sua corsa nella scarpata alla fine della strada, dove il mezzo è precipitato ribaltandosi. Durante il ribaltamento il R.N. è stato scaraventato fuori dalla navicella e precipitando ha trovato la morte.
E’ stato accertato che l’infortunio è avvenuto alle ore 15:45 mentre alle 14:30 (15 minuti prima dell’infortunio), i lavori in esecuzione alla CEIT,  fossero ritornati nella disponibilità dell’Enel che avrebbe così riattivato, anticipatamente all’orario programmato rispetto al piano di lavoro, l’energia elettrica. 

Per i giudici di merito, tale particolare non è stato sufficiente a sollevare dalle responsabilità il capocantiere della CEIT, quantunque i lavori  si fossero conclusi anticipatamente, e la linea consegnata al gestore..

La sentenza impugnata sottolinea che la vittima non avrebbe avuto nessuna ragione di portarsi in quota e raggiungere il palo della luce se non per compiere una attività pertinente a quella della quale era stato incaricato.

Dalla sentenza di primo grado risulta poi, che la CEIT impianti s.r.l.  avrebbe dovuto sostituire i cavi elettrici “nudi” preesistenti, con cavi “inguainati” su pali in cemento armato dell’altezza di otto metri e che, a detta dello stesso imputato, i lavori sarebbero dovuti proseguire anche il giorno dopo sulla stessa linea e che allo scopo era già stata programmata una nuova sospensione dell’erogazione dell’energia elettrica per la zona interessata. 
I giudici di primo grado, avendo valutato che l’attività svolta al momento dell’infortunio rientrava tra le mansioni cui i lavoratori erano stati destinati, hanno sottolineato:
– che i lavori programmati dovevano essere eseguiti in quota;
– che nel tratto di strada, luogo del sinistro, era presente uno dei pali della luce interessati dal lavoro;
– che quel tratto di strada aveva una pendenza media del 19,88% (accertata in grado di appello, con indagine peritale, su richiesta della difesa);
– che il cestello elevatore del quale R.N. si servì per portarsi in quota «non poteva essere utilizzato in quella strada» perché, come risulta dal manuale di uso e manutenzione, questo poteva operare in sicurezza soltanto se la pendenza del suolo fosse inferiore al 10%;
– che, di conseguenza, (e a maggior ragione perché quel giorno aveva piovuto) per portarsi in quota in condizioni di sicurezza era necessario avvalersi di «scale all’italiana» che erano «indicate come in dotazione all’impresa», ma non furono «rinvenute dai tecnici della prevenzione al momento del sopralluogo» successivo all’incidente e, secondo quanto riferito dai testimoni, non furono «mai utilizzate» quel giorno.

In virtù di tali considerazioni, i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto attribuire un profilo di colpa ulteriore rispetto a quello contestato nel capo d’ imputazione, per non aver impartito precise direttive alla squadra affinché, non fosse adoperato il cestello ma fossero impiegate le scale in dotazione.

La corte territoriale ha ritenuto, che il P.G. fosse responsabile dell’infortunio, a prescindere «dalla qualifica di capo squadra rivestita dal R.N. e dalla sua riconosciuta esperienza sul campo», perché egli stesso, ricopriva il ruolo di capocantiere e responsabile per la sicurezza, e per tanto avrebbe avuto l’obbligo di vigilare sull’attuazione degli adempimenti  in merito alla sicurezza. In virtù di tali rilevanti considerazioni, per il caso specifico il P.G. avrebbe  avuto l’obbligo giuridico di vigilare sul comportamento del personale addetto ai lavori, verificare l’attuazione delle direttive antinfortunistiche, fornire le istruzioni necessarie per tutelare l’integrità fisica dei lavoratori, accertarsi dell’uso dei dispositivi di protezione individuale; obblighi ai quali si rese inadempiente consentendo così il verificarsi dell’evento.

E’ stato accertato che quel giorno il  P.G.  si fosse recato in cantiere alle 8:30 di mattino rimanendovi fino alle 10:20per poi tornarvi  intorno alle 14:20. In virtù di tale ricostruzione, il giudice ha potuto eccepire che il P.G. poté  rendersi conto che sul posto era presente l’attrezzatura di sollevamento, ma non ne impedì l’utilizzato, né si assicurò che in alternativa fossero adoperate le scale, indicate come in dotazione all’impresa, ma non rinvenute dai tecnici della prevenzione sul luogo dell’infortunio.
Il ricorso viene rigettato dalla Corte di Cassazione e l’imputato viene ad essere condannato al pagamento delle spese processuali.

Tra i diversi soggetti chiamati in giudizio, la responsabilità penale è ricaduta solo ed esclusivamente sul preposto di cantiere per il quale è stata ravvisata la violazione dell’art. art. 19 comma 1 lettere a) ed f) d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81.

(Fonte)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.