INGEGNERIA: come fare per migliorare efficacemente la sicurezza sismica?

Vista l’alta sismicità del nostro paese e la contrazione della “nuova edilizia” che ha caratterizzato gli ultimi anni, il tema del miglioramento e adeguamento sismico degli edifici esistenti è un tema molto sentito sia tra i professionisti che operano in questo settore che tra gli enti coinvolti nella programmazione di interventi nel proprio patrimonio edilizio.
Per comprendere meglio quale sia l’effettiva situazione in cui operano i professionisti abbiamo intervistato l’ing. Giovanni Cardinale, Consigliere CNI.
> Il miglioramento sismico di un edificio esistente ha spesso delle complessità la cui soluzione è difficilmente inquadrabile in un testo normativo, se non con il rischio di cadere nei cosiddetti tecnicismi. Allora ci si deve affidare alle capacità del professionista, il quale deve scegliere le tecniche di indagine, di calcolo e di intervento, facendo leva sulle 3C – Conoscenza, esperienza, competenza – e quindi mettere la firma sulle sue scelte. Proprio in virtù di queste considerazioni, non si dovrebbe arrivare a un sistema normativo più snello, che affidi al professionista maggiore libertà, limitandosi ad esprimere solo alcuni elementi essenziali, soprattutto sul piano delle responsabilità?
La progettazione strutturale relativa a costruzioni esistenti non può essere redatta “in forma chiusa”; essa può procedere solo validando, in corso d’opera, gli assunti presi in fase di progetto sulla base delle conoscenze dirette, indirette, documentali e dell’interpretazione delle indagini che è stato possibile eseguire.
Un assunto tipico dell’epistemologia alla Popper ovvero del procedere per “congetture e confutazioni”.
Questo concetto è noto a tutti ma è assolutamente ignorato dalla norma che, pur richiamando nella circolare l’impossibilità di processi standardizzati, evita poi di portare il discorso ,concretamente , nell’unica direzione possibile, quella, appunto, di un quadro normativo più snello e ridotto nella parte cogente, ed un quadro normativo non cogente, se non sul piano dei contratti, ampio, legato alle novità dei processi scientifici e tecnologici, operante nel quadro di una maggiore autonomia e responsabilità dei progettisti.
Gli Ordini, in questo contesto, ben volentieri procederebbero e progredirebbero nella strada della specializzazione, della formazione e della certificazione di parte terza delle specifiche necessarie competenze.
> Abbiamo un patrimonio immobiliare estremamente vulnerabile, sia per la parte pubblica che privata. Una criticità che riguarda monumenti, abitazioni, uffici, edifici pubblici … ovviamente il pensare che si possa intervenire su tutto il patrimonio è quindi impossibile. Esistono delle soluzioni che si possono proporre sia per la programmazione che per la scelta degli interventi? in che modo gli Ordini possono essere di supporto per il territorio?
La recente modifica delle norme tecniche ha perso l’occasione di procedere con maggiore coraggio verso una strada veramente innovativa che mettesse al centro il miglioramento sismico come regola generale nel quadro di una cultura indirizzata a “curare” il maggior numero di edifici possibili, anziché “guarire” un numero ridotto di costruzioni, pubbliche e private.
Un altro tema di rilievo, sollevato con forza dal CNI durante i lavori della commissione relatrice, è stato quello dei condomini ed in generale degli edifici con pluriproprietà , dove le esigenze di interventi strutturali fanno i conti con una proprietà diffusa e differenziata, oltre che con diverse disponibilità finanziarie.
La nostra proposta era quella di poter procedere con un progetto quadro di livello definitivo, esteso all’intero edificio, attuabile poi con progetti esecutivi parziali, riferibili all’area dell’intervento locale o del miglioramento, che dovevano dimostrare di volta in volta la coerenza con il progetto quadro.
In questo modo l’iniziativa del singolo non andava in contrasto con la mancanza di iniziativa di altri condomini, la prestazione di sicurezza dell’edificio veniva comunque aumentata step by step nel tempo e, parallelamente, il progetto quadro trovava una progressiva attuazione durante la quale, di fatto, si attuava la costruzione de libretto del fabbricato.
> Dopo il DM del ’96, sulla legge era scritto esplicitamente che le normative tecniche sarebbero state aggiornate indicativamente ogni 2 anni. Ci troviamo quindi con le nuove NTC, in uscita presumibilmente entro il 2016 che essendo poco più di una correzione puntuale delle NTC2008 risultano già vecchie. Soprattutto non c’è stato quel coraggio sperato nel voler affrontare di petto il tema degli edifici esistenti. Come si esce da questo stallo? È ancora necessaria, dopo Cavour, l’emanazione di norme tecniche da parte del C.S.LL.PP.? È ancora necessario, considerando la realtà del nostro stato, questo orgoglio italiano nel voler per forza legiferare quando sono presenti normative internazionali molto più valide?
Francamente non credo che le norme italiane siano “meno valide” di quelle europee o di altri paesi.
Il vero problema non sta tanto nel tipo di norma quanto nella cogenza sul piano penale e nella rigidità che, conseguentemente, rifiuta l’esercizio della responsabilità, il ricorso alle innovazioni della ricerca, della letteratura tecnica, della tecnologia.
Circa il ruolo del CSLLPP, io credo che esso possa essere tanto più importante e necessario quanto più la sua struttura, la sua organizzazione, le sue risorse, risultino coerenti con un mutato quadro, economico, scientifico, temporale, del processo di ideazione e costruzione di un’opera pubblica.
Se certamente è importante, e direi fondamentale, la presenza di un organo in cui le decisioni vengono prese attraverso un libero voto di un’assemblea di esperti, diviene ancor più fondamentale una forte struttura organizzativa del Servizio Tecnico Centrale, che, attraverso un suo deciso potenziamento in termini di risorse umane e tecnologiche, potrebbe davvero diventare quel l’organo tecnico in grado , tra le altre cose, di guidare un processo normativo in modo più organico, più controllato nei tempi, più aderente alle esigenze del sistema; un organismo tecnico efficace ed efficiente che potrebbe poi costituire una rete permanente con il mondo dell’università, della ricerca, delle professioni. Un’assemblea più snella e più contenuta nel numero, ed un Servizio Tecnico Centrale più forte e più dotato di tecnologia, potrebbe essere una buona innovazione del sistema.
> Di recente si sente spesso affermare che l’obbligo della formazione assicura che il professionista iscritto a un Ordine e in regola con i crediti formativi dia un servizio di qualità. Considerando che non esiste una norma che prevede che le scelte formative coincidano con la specializzazione del professionista, e che spesso oggi è possibile acquisire crediti anche partecipando a un convegno o addirittura a una fiera, non pensa che su temi in cui vi è un problema di sicurezza delle persone non sia necessario procedere a una migliore regolamentazione della formazione ?
Condivido in pieno questa affermazione.
I crediti non possono essere lo strumento di validazione di una competenza; più si richiama la responsabilità del professionista e più è necessario che lo stesso sia davvero competente nell’esercizio della sua attività professionale.
In questo senso, per esempio , l’azione del CNI volta alla definizione di standard prestazionali e, soprattutto, il forte impulso all’acquisizione dei crediti attraverso processi di certificazione di parte terza delle competenze, individua una strada volta a garantire l’individuazione di un mercato di veri esperti in grado di soddisfare al meglio le specifiche esigenze di ogni committenza. (FONTE: INGEGNO)
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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.