Inquinamento e habitat stravolti: gli animali costretti a migrare

In meno di 50 anni le popolazioni di vertebrati si sono ridotte del 60%. Un calo di proporzioni catastrofiche che in passato si è verificato in milioni di anni. «A innescarlo è l’uomo, primo responsabile dei cambiamenti climatici», ragiona Isabella Pratesi, direttrice della conservazione di Wwf Italia. L’aumento delle temperature costringe molte specie a migrazioni forzate verso climi più freddi, che alterano gli equilibri del mondo animale. Altre specie non riescono ad adattarsi alle nuove condizioni e vanno incontro a una morte certa nel loro habitat. Le situazioni più preoccupanti riguardano gli oceani, che hanno assorbito il 90% della temperatura di tutto il pianeta. Abbiamo scelto otto specie simbolo dell’emergenza causata dal «climate change».

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BelugaI problemi, per i beluga, sono cominciati con il surriscaldamento del Mar Glaciale Artico. L’aumento delle temperature ha dato il via libera a un’invasione di orche, che normalmente non si spingono nelle acque gelide del Polo Nord. I beluga sono così finiti nel mirino di questi mammiferi, di dimensioni molto più imponenti. Per evitare la mattanza stanno fuggendo verso Nord, in cerca di acque più fredde. Ma a causa del surriscaldamento globale il loro destino è segnato: con l’aumento delle temperature finiranno per trovarsi in un vicolo cieco. 

Orsi polari
Ormai periodicamente circolano foto di orsi scheletrici e disorientati. Gli scienziati stimano che tra cent’anni il re dei predatori delle nevi potrebbe essere estinto. Lo scioglimento dei ghiacci sta infatti riducendo giorno dopo giorno la banchisa polare, l’habitat sui cui l’orso si muove per andare a caccia. Per rimediare cibo è così costretto a nuotare per centinaia di chilometri, spesso portando con sé i piccoli che rischiano di non sopravvivere. Altre volte, invece, gli orsi si avventurano in territori abitati dall’uomo e vengono uccisi. 

Krill
Come in un gigantesco effetto domino, la riduzione del krill ha conseguenze catastrofiche. È una sorta di microgamberetto alla base della catena alimentare dell’Antartide: se ne cibano i cetacei, i pinguini, le foche. Il surriscaldamento delle acque ostacola la sua riproduzione, con un impatto a cascata su tutti gli altri animali. Gli studi scientifici hanno rilevato una diminuzione generica del peso e della massa grassa degli animali che si cibano di krill. 

Ermellino
Le sorti dell’ermellino sono il simbolo dei disastrosi effetti innescati dal «climate change». Il piccolo mammifero ha due «vestiti»: d’inverno indossa una pelliccia bianca per mimetizzarsi nelle nevi e sfuggire ai predatori, nei periodi più caldi passa invece a un colore bruno. Le alte temperature che sciolgono i ghiacci hanno sorpreso l’ermellino, che rimane con «l’abito sbagliato» fuori stagione: senza il bianco delle nevi diventa facilmente visibile, una preda fin troppo semplice. La fuga verso Nord, in zone più fredde, è difficile: nel cammino i predatori sono numerosi. E adattarsi ai nuovi ritmi della natura, magari cambiando pelliccia, è complicato: richiede centinaia, se non migliaia di anni. Tempo che l’ermellino non ha: la distruzione causata dall’uomo è più veloce. 

Leopardo delle nevi
Per secoli il leopardo delle nevi ha vissuto indisturbato. A proteggerlo erano il suo stesso habitat (nelle montagne tra Afghanistan, Pakistan e Bhutan) e le bassissime temperature. La fusione dei ghiacciai è stata l’inizio della fine: quei territori inviolati sono diventati accessibili all’uomo, che ha iniziato a sterminare il leopardo delle nevi e ad appropriarsi del suo habitat. In zone prime coperte dai ghiacci ci sono oggi allevamenti. E la situazione potrebbe presto peggiorare: «Fioriranno attività commerciali e studi per l’estrazione di petrolio», è la previsione di Isabella Pratesi. 

Ghepardi
La popolazione dei ghepardi sta diminuendo in tutta l’Africa. Il responsabile, ancora una volta, è il surriscaldamento globale. Ma si tratta di un riflesso indiretto: le alte temperature stanno compromettendo la fertilità del mammifero più veloce. Una situazione allarmante per un animale abituato a vivere in zone calde. «L’unica soluzione è aumentare le aree protette, dove la natura possa ristabilire il suo ritmo senza condizionamenti esterni», dice Isabella Pratesi. 

Balia nera olandese
I cambiamenti climatici hanno creato uno sfasamento nei ritmi che regolano la natura. Il caldo della primavera arriva con sempre maggiore anticipo, creando gravi danni agli uccelli migratori come la balia nera olandese. Alla fine del tragitto che la porta dall’Africa al Nord Europa non trova più gli insetti e le larve di cui si ciba: arriva in ritardo rispetto ad altri predatori. La balia non ha saputo adattarsi ai nuovi ritmi e questa perdita di sincronizzazione naturale mette in pericolo le covate. Dal 1987 la popolazione di questa specie è diminuita del 90%.

Stambecco
Lo stambecco è un simbolo italiano minacciato. Oggi i cuccioli hanno il 25% di chance di sopravvivenza, la metà rispetto a pochi decenni fa. Il caldo anticipato e i nuovi ritmi della natura hanno ridotto la vegetazione disponibile nel periodo in cui nascono gli stambecchi, che non riescono a nutrirsi adeguatamente. La popolazione del Parco del Gran Paradiso ha subito un rapido declino negli ultimi decenni. La «fuga» dalle aree protette verso ambienti più freddi è quasi impossibile.(fonte)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.