LA RAGNATELA DELL’ILLEGALITA’ AMBIENTALE CHE SOFFOCA IL PAESE

Nella notte tra sabato e domenica, nell’ultimo weekend di giugno, un rogo doloso appiccato da più punti ha incendiato una megadiscarica abusiva. Non siamo in Campania ma nei pressi di Chieti, in quella che è stata già ribattezzata la Terra dei Fuochi abruzzese.

La discarica abusiva era stata sequestrata nel 2009 e dimenticata per sei anni. Qualche settimana fa il quotidiano Il Giorno aveva filmato dei documenti, dimenticati in una baracca all’interno della discarica, che mettevano in collegamento i rifiuti presenti nella discarica chietina con quelli provenienti dalla Campania. Rifiuti tossici, medicinali, veleni.

Tutto è bruciato e con il fuoco si sono perse anche quelle carte.

L’episodio è la testimonianza di quanto racconta Legambiente nel suo ultimo rapporto sulle ecomafie.

I reati ambientali costellano tutto lo stivale senza escludere nessuna regione. Da anni ormai la criminalità legata al ciclo dei rifiuti non appartiene a geografie distinte.

I numeri del rapporto sono impietosi: Puglia, Sicilia, Campania e Calabriaoccupano in quest’ordine la classifica dell’illegalità ambientale per numero di infrazioni accertate. Il Lazio resta la prima regione dell’Italia centrale. Il record del Nord lo detiene la Liguria, accompagnata dal Veneto e dalla Lombardia. Ma a colpire è l’aumento delle infrazioni nelle regioni più piccole, le Marche, l’Abruzzo, l’Umbria, il Friuli Venezia Giulia.

A guardare bene, nessuna può più chiamarsi fuori.

Il giro d’affari del crimine ambientale nel 2014 è di 22 miliardi di euro ed è cresciuto del cinquanta per cento rispetto all’anno precedente (+ 7 miliardi, di cui 4,3 solo nel settore agroalimentare). Gli illeciti accertati sono quasi 80 al giorno, 22.293 in un anno.

Negli appalti pubblici il sistema si arricchisce con la corruzione, che ha avuto un ruolo determinante in 233 inchieste in tutta Italia, che hanno condotto all’arresto di 2.529 persone, altre 2.000 sono state denunciate.  Il lavoro della giustizia coinvolge 64 Procure in 18 regioni su 20. Una ragnatela che soffoca l’Italia e che ha la testa in Lombardia, dove la corruzione legata all’illegalità ambientale entra in 31 inchieste.

I traffici di rifiuti sono connessi ai reati nella filiera del cemento, ma l’elenco dei “temi criminali” è lungo: agroalimentare, recupero energetico, incendi, archeomafia e perfino il racket degli animali.

Dal 19 maggio nel Codice penale ci sono 5 nuovi delitti: l’inquinamento e il disastro ambientale, il traffico e abbandono di materiale radioattivo, l’impedimento del controllo e l’omessa bonifica. Le pene previste vanno dalla reclusione da 2 a 6 anni per il delitto di inquinamento a quella da 5 a 15 anni per il disastro ambientale. Sono previste anche le aggravanti per lesione, morte ed ecomafia. I termini di prescrizione raddoppiano e si possono eseguire confische dei beni. Ma ciò che più conta è che i magistrati potranno ricorrere a strumenti di repressione e indagine più efficaci, come l’arresto in flagrante, le intercettazioni telefoniche e ambientali, le rogatorie internazionali. Resta immutato il reato di disastro innominato, con il quale le Procure avevano aperto inchieste ancora in corso, come quella all’Ilva di Taranto.

di Roberto Saviano

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.