La storia di Corradino d’Ascanio, il genio che (non) voleva inventare la Vespa

Si chiamava Corradino d’Ascanio e inventò di tutto: il forno elettrico, l’elicottero, l’autovelox… Ma il successo gli arrivò dalla creatura da lui meno amata: la Vespa.

Il segnalatore di eccesso di velocità per veicoli, il dispositivo che consente ai piloti di tenere d’occhio l’inclinazione del proprio aereo e un sistema con il quale, digitando una parola chiave su una tastiera, è possibile cercare un documento. Che cos’hanno in comune tra loro questi oggetti? Esistono da molto prima di quanto immaginiate (negli anni Venti del secolo scorso c’erano già) e sono stati ideati da un inventore italiano. Che diventò sì ricco e famoso, ma non per questi lampi di genio. L’inventore si chiamava Corradino d’Ascanio e il successo, a un certo punto della sua vita, gli arrivò grazie all’idea che avrebbe rivoluzionato il mondo delle due ruote: la Vespa, un’intuizione avuta per caso e… controvoglia.

COME I COLOMBI. D’Ascanio nasce nel 1891 a Popoli, un paesino delle colline abruzzesi circondato da piccoli canyon (le gole) continuamente spazzati dal vento, un elemento naturale che Corradino impara presto a sfruttare per i suoi giochi: “Volare era per me il sogno più bello e accarezzato”, scriverà in una lettera, “per ore stavo a guardare le rondini e le invidiavo”. Quando il padre cacciatore porta a casa i colombi, lui li studia quasi al microscopio: li pesa, ne misura le ali.

E li imita: nel 1906 (tre anni dopo il primo volo dei fratelli Wright), solo quindicenne, costruisce insieme ai cugini un aliante rudimentale, con stecche di legno e lenzuola arraffate dall’armadio della madre, con il quale si lancia da un pendio, compiendo “ben quindici metri staccato da terra”, rievocherà più avanti.

PD3, elicottero d'Ascanio

Il PD3, un prototipo di elicottero ideato da Corradino d’Ascanio, durante un volo di prova.

© Dalla mostra “Corradino d’Ascanio, dall’elicottero alla Vespa” della Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo, Pescara.

IN GUERRA. La passione per l’aviazione (che diverrà una “continua febbre”) lo spinge, dopo il liceo, a iscriversi al Regio Istituto Superiore d’Ingegneria di Torino (il futuro Politecnico) dove può frequentare un corso di aeronautica che, per le università di quei tempi, è una vera primizia. Un’esperienza che, subito dopo la laurea in ingegneria conseguita nel dicembre 1914, gli vale l’incarico, sempre a Torino, di direttore tecnico presso il Battaglione Aviatori (nel quale si arruola come sottotenente di complemento), alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia.

Sul campo ha modo ogni giorno di dare prova del proprio ingegno: mette a punto un sistema che permette al pilota di lasciare per breve tempo i comandi dell’ae­roplano senza che questo perda la rotta (l’autopilota), installa per la prima volta in Italia una stazione radio a bordo di un velivolo per consentire le comunicazioni tra pilota e terra, trova una brillante soluzione a un problema di congelamento dell’olio nei motori che aveva costretto a terra una quarantina di aerei destinati al fronte.

IL CLINOMETRO. Nel 1916 trova pure il tempo di brevettare un dispositivo in grado di mostrare al pilota l’inclinazione dell’aereo: lo battezza “clinometro universale”, ma in pratica “è ciò che oggi chiamiamo sbandometro”, scrive Alberto Mondini nel libro Un’elica e due ruote (Nistri-Lischi editori), “e si trova su tutti gli aeroplani, strumento prezioso per fare virate corrette e verificare l’assetto laterale”.

AUTOVELOX. Archiviata una deludente parentesi negli Usa, dove si era trasferito sperando che la fine della guerra potesse favorire la nascita dell’aviazione commerciale e creargli le condizioni per un impiego nell’industria aeronautica, negli Anni ’20 d’Ascanio inizia a interessarsi al progetto di una “macchina per volo verticale” di cui, più di 4 secoli dopo Leonardo, discutono con sempre maggiore insistenza gli ingegneri di mezza Europa.

Su questa avventura investe tutte le sue risorse, creative ed economiche. E nei ritagli di tempo si dedica a una serie di “progettini” (come li chiama lui), di certo meno spettacolari, ma che almeno hanno il pregio di fargli guadagnare qualche soldo: i frutti della sua inventiva spaziano dal brevetto di un innovativo “forno elettrico per la cottura del pane e di dolci” (1921) al sistema che rileva la velocità delle auto (1925) e che ispirerà i moderni autovelox, fino all’“apparecchio per la ricerca di una scheda corrispondente ai dati ricercati, la quale ricerca”, si legge nella descrizione del brevetto del 1925, “si compie automaticamente con la semplice riproduzione dei dati suddetti su una tastiera”: in pratica, un antenato dei motori di ricerca che usiamo ogni giorno in Internet. Quali ricerche avrebbe mai dovuto velocizzare a quei tempi, vi state chiedendo? Per esempio quelle condotte ogni giorno, a mano e tra montagne di documenti, dagli impiegati di uffici anagrafici, casellari giudiziari, biblioteche ecc. O, almeno, queste erano le aspettative dell’inventore.

Corradino D'Ascanio

Corradino d’Ascanio fotografato durante un momento di lavoro alla Piaggio. © Mostra “Corradino d’Ascanio, dall’elicottero alla Vespa” della Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo, Pescara.

TRE RECORD. Nel frattempo il suo progetto di “elicottero personale” va avanti tra alti e bassi. I primi due prototipi (D’AT.1 e D’AT.2) riescono a staccarsi da terra a malapena di qualche centimetro, ma gli consentono di maturare (anche al costo, va detto, di qualche pericoloso incidente nelle prove) l’esperienza necessaria per giungere alla versione definitiva della macchina, che brevetta con il nome di “elicottero a stabilità automatica e comandata”.

L’8 giugno del 1930, all’aeroporto di Ciampino, in una dimostrazione davanti al capo del governo Benito Mussolini, il D’AT.3 conquista ben tre primati: la massima durata di un volo senza scalo (8 minuti e 45 secondi), la distanza percorsa (1.078,6 metri) e l’altezza raggiunta (18 metri).

Siamo davanti all’atto di nascita dell’elicottero moderno, eppure ancora una volta il destino volta le spalle a d’Ascanio.

L’Aeronautica e la Marina si mostrano interessate a un mezzo tanto versatile (sembra l’ideale per i rifornimenti in zone inaccessibili e per il trasporto su navi), ma non si mettono d’accordo su chi debba acquistare il brevetto. Inoltre il principale finanziatore del progetto, un barone che aveva sostenuto le spese di gran parte dei brevetti dell’inventore abruzzese, naviga in cattive acque e si chiama fuori. Dell’elicottero restano il ricordo e i primati.

Progetto elicottero d'Ascanio

Un disegno relativo al progetto del PD3, prototipo di elicottero ideato da Corradino d’Ascanio. © Dalla mostra “Corradino d’Ascanio, dall’elicottero alla Vespa” della Soprintendenza Archivistica per l’Abruzzo, Pescara.

L’ELICA MAGICA. Ma resta anche qualcosa d’altro. Perché c’è un “trucco” – che d’Ascanio s’era inventato per rendere manovrabile la sua macchina volante – che attira l’attenzione degli ingegneri della Piaggio, un’azienda ligure che si sta affermando nel campo dell’aviazione: un originale meccanismo (la cosiddetta elica a passo variabile) che consente al pilota di ruotare a comando le pale dell’elica in volo per sfruttare al meglio la potenza del motore. Per applicarla ai motori dei propri aerei, la Piaggio offre a d’Ascanio la direzione dell’ufficio eliche, creato nel nuovo stabilimento di Pontedera (Pisa).

L’ingegnere accetta, allettato sia dalla rassicurazione che nel frattempo potrà continuare a lavorare sull’elicottero, sia dalla prospettiva per lui inedita di una certa tranquillità economica: con la Seconda guerra mondiale alle porte, infatti, l’industria aeronautica conosce un vero boom e la Piaggio fa fatica a stare dietro alle commesse di eliche provenienti da costruttori di aerei di mezzo mondo.

PUNTO DALLA VESPA. Ma saranno proprio gli eventi bellici a sferrare un brutto colpo al progetto dell’elicottero: nel 1943, infatti, i bombardamenti alleati su Pisa danneggiano anche gli stabilimenti Piaggio e, tra gli altri, va distrutto il prototipo del nuovo modello (PD3) che d’Ascanio aveva costruito. Di fatto è la fine del suo sogno, anche se per qualche anno continuerà testardamente a coltivarlo senza fortuna.

Neppure l’incredibile notorietà che gli deriva dall’invenzione della Vespa (commissionatagli dalla Piaggio per risollevare l’azienda dalle rovine della guerra, v. riquadro più sotto) basterà a mitigare la delusione, anzi: «A me la Vespa mi ha punto!», risponde a tutti quelli che gli chiedono perché non sia fiero di un successo tanto grande. Se lo scooter non fosse andato così bene, pensa, forse la Piaggio non avrebbe abbandonato i progetti dell’elicottero. È il rimpianto che accompagnerà d’Ascanio fino all’ultimo dei suoi giorni. Che arriverà nel 1981, quando, ormai novantenne, vede volare già da un pezzo elicotteri (di altri) che mettono a frutto le sue intuizioni.

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.