LAVORI ALL’ESTERO, E’ BOOM PER LE Pmi italiane

A Ravenna presentati i dati Ance: si è passati dai 3 miliardi del 2004 ai 9,5 miliardi del 2013, con un calo dell’attività in Italia del 7,2% e una crescita fuori dai confini del 206%

 Per le piccole e medie imprese che in periodo di crisi hanno puntato sull’estero la scommessa è risultata vincente. Il fatturato è più che triplicato in meno di 10 anni (dai 3 miliardi del 2004 ai 9,5 del 2013), la produzione è aumentata dell’8,6% mentre il portafoglio commesse si è arricchito di 319 nuovi lavori per complessivi 17 miliardi di euro. Sono i risultati dell’indagine Ance sulle imprese di costruzione italiane presenti all’estero illustrati il 17 settembre a Ravenna durante il convegno «L’internazionalizzazione delle imprese italiane nel settore delle costruzioni»(in corso fino al 19 settembre).

Numeri importanti, specie se confrontati con la difficile situazione del mercato a livello
nazionale. Nel periodo 2004-2013, infatti, le imprese che hanno partecipato al Rapporto Ance hanno visto diminuire la propria attività in Italia del 7,2%, mentre al di fuori dei confini nazionali è cresciuta del 206 per cento.

Negli ultimi anni si sta assistendo, per molte aziende, a una vera e propria sostituzione tra le
attività nazionali e quelle estere. Se nel 2004 il fatturato prodotto in Italia rappresentava il 70% e quello estero pesava poco più del 30%, oggi la situazione è quasi ribaltata: 60,1%
fatturato estero, meno del 40% fatturato prodotto nel mercato interno.

«In questi anni, davanti a una crisi senza precedenti del mercato nazionale delle costruzioni, il mercato estero ha assunto un ruolo centrale per le imprese italiane. Nel 2014 si è assistito all’ottavo anno consecutivo di crescita delle nostre imprese all’estero, sia in termini di fatturato che di commesse acquisite. L’industria italiana delle costruzioni è una delle più importanti, avanzate e, sottolineo, apprezzate al mondo». Con queste parole Gerardo Biancofiore, presidente Pmi estero di Ance, ha aperto a Ravenna, il suo intervento nella prima sessione del convegno.

Le imprese italiane (comprese le grandi) hanno sviluppato una presenza capillare sui mercati internazionali: operano in circa 90 Paesi nei 5 continenti, per un controvalore in costante crescita per oltre 100 miliardi di euro.

La parola d’ordine per le Pmi è aggregazione: «La decisione di andare all’estero – dichiara Biancofiore – è un motivo in più per spingere le imprese, piccole e medie ad aggregarsi, per poter essere più competitive sui mercati internazionali e capaci di proporsi come interlocutori concorrenziali, anche su livelli di mercato fino a ora di difficile accesso. Internazionalizzazione significa però, in primis, mantenere una forte base in Italia, altrimenti diventiamo imprese estere. È fondamentale che il mercato interno riparta perchè al nostro Paese il mondo delle costruzioni serve».

Per Massimo Matteucci, presidente di Cmc, gruppo fortemente radicato sui mercati esteri, «si può correttamente affermare che la decisione di intraprendere un percorso di espansione imprenditoriale all’estero ha rappresentato non una scelta di profitto o di abbattimento costi, bensì la necessità di assicurarsi un ulteriore mercato estensivo del mercato domestico in cui si opera. Come anche, la scelta di internazionalizzare la propria azienda discende dalla possibilità di reperire i fondi esteri o comunitari o perfino nazionali che, oltre a rappresentare un importante incentivo per l’investimento all’estero, permette nel contempo l’acquisizione di nuovi strumenti e risorse tecnico-economiche per l’impresa.
Quindi, alla luce di quanto sopra, possiamo sostenere che l’attività finalizzata a internazionalizzare la propria attività imprenditoriale non è una fenomeno nuovo o sconosciuto in Italia ma, nonostante ciò, risulta che l’importanza di parlare oggi di internazionalizzazione delle imprese di costruzioni sia ancora più sentita rispetto ieri, semplicemente perché viviamo in un’economia globalizzata e quindi, per definizione, internazionalizzata, priva di confini geografici».

L’analisi del prof. Claudio Comani, docente della Facoltà di Ingegneria dell’università di Bologna e relatore al convegno si basa su dati precisi che confermano la forte crescita all’estero delle imprese italiane delle costruzioni.
«All’estero – ha affermato – il quadro normativo tende a valutare e premiare anche la qualità, e questo va a vantaggio delle imprese migliori. Le condizioni per produrre sono più semplici e più chiare anche se il livello di competizione risulta elevato».

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