Mutamento della destinazione d’uso: quando si commette reato?

Cosa dice il Testo Unico Edilizia a proposito di mutamento rilevante e fattispecie di reato

(Fonte) Quando è consentito il cambio di destinazione d’uso? Quale provvedimento edilizio è necessario? In quali casi si concretizza un abuso edilizio? L’architetto Roberta Distinto, affronta il tema del mutamento della destinazione d’uso e dei casi in cui costitusce reato nel volume “Abusi edilizi” edito da Wolters Kluwer.
Il contenuto di seguito è tratto e rielaborato dal volume, già disponibile per l’acquisto su Shop.Wki.it.

Tra le variazioni essenziali e quindi reati di parziale difformità, rientra il cosiddetto cambio di destinazione d’uso che si concretizza attraverso un diverso uso di un fabbricato o una porzione di esso. Il mutamento rilevante per la legge è solo quello che altera, seppure senza opere, la funzione originaria dell’immobile per adibirlo in via permanente a una funzione diversa. La modifica dell’originaria destinazione d’uso di un fabbricato richiede particolari procedure autorizzative a seconda:
– che il mutamento comporti l’esecuzione di opere edilizie;
– che il mutamento non comporti l’esecuzione di opere edilizie;
– della zona territoriale omogenea in cui avviene il mutamento.

In questo articolo, la stessa autrice affronta il tema del cambio di destinazione d’uso strutturale.

Quando il mutamento di destinazione d’uso è giuridicamente rilevante?

Per il cambio di destinazione d’uso, il secondo comma dell’art. 10 del testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001) prevede che le Regioni stabiliscano per legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinate a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività.

Figura 1 – Variazioni d’uso

Mutamento della destinazione d’uso: quando si commette reato?

La fattispecie della modifica di destinazione d’uso, cioè la destinazione di fatto dell’unità immobiliare a un’utilizzazione diversa da quella indicata nel titolo autorizzativo, ha dato luogo a nutrite discussioni nel corso degli anni sia in dottrina sia in giurisprudenza.

La discussione si è alimentata soprattutto sulla base di una disputa che vedeva contrapposti la Cassazione penale e il Consiglio di Stato. La Cassazione penale riteneva che il mutamento di destinazione d’uso funzionale costituisse reato, mentre il Consiglio di Stato riteneva che esso non richiedesse alcun provvedimento amministrativo di assentimento, per cui ne traeva la conclusione che si trattasse di attività non sanzionabile.

In sintesi solo a partire dalla legge n. 47/1985 e s.m.i. (legge n. 662/1996), si sono stabilite le seguenti situazioni:

– una legislazione regionale libera di stabilire se assoggettare il mutamento di destinazione d’uso, con o senza opere, a concessione o ad autorizzazione, oppure a nessun provvedimento di assentimento;
– se manca un’apposita legislazione regionale, e comunque in ogni caso per fattispecie di mutamento di destinazione d’uso verificatesi anteriormente al 1° gennaio 1997, i criteri da far valere sono i seguenti:
– il mutamento di destinazione d’uso con opere recanti modifiche degli standard pretende la concessione edilizia;
– l’autorizzazione va correlata al mutamento di destinazione d’uso con opere interne;
– il mutamento di destinazione d’uso funzionale non richiede necessariamente provvedimento di assentimento, salvo diversa legge regionale, peraltro recepita da normativa secondaria comunale di tipo urbanistico. Nel silenzio di questa normativa, non risulta applicabile alcun provvedimento di assentimento.

Con l’avvento del T.U. (art. 3, c. 1 e art. 10, cc. 1-3) e della legge n. 443, 21 dicembre 2001 (art. 1, c. 6, lett. b) si ha il netto rimando alle Regioni, e la C.C., Sez. III con Sentenza 35177 del 21 ottobre 2002 stabilisce che le opere interne e gli interventi di ristrutturazione edilizia, come pure quelli di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo necessitano di concessione edilizia (permesso di costruire), ogni qualvolta comportino mutamento di destinazione d’uso tra categorie d’interventi funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e, qualora debbano essere realizzati nei centri storici, anche nel caso in cui comportino mutamento di destinazione d’uso all’interno di una categoria omogenea.

Gli stessi qualora debbano essere realizzati fuori dei centri storici e comportino mutamento della destinazione d’uso all’interno di una categoria omogenea, richiedono, invece, soltanto la semplice denuncia di attività.

Figura 2 – Cambio d’uso: responsabilità penale

Mutamento della destinazione d’uso: quando si commette reato?
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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.