PROFESSIONE: Ma i geometri ci saranno ancora?

Fra poco sarà passato un secolo dal decreto che definisce il geometra in Italia: R.D. 11 febbraio 1929, n. 274 (1). Regolamento per la professione di geometra. In esso si stabilisce che: “Il titolo di geometra spetta a coloro che abbiano conseguito il diploma di agrimensura dei Regi istituti tecnici o il diploma di abilitazione per la professione di geometra, secondo le norme del R.D. 6 maggio 1923, n. 1054”.

Da allora, ma soprattutto dalla fine della seconda guerra mondiale, è successo di tutto. Vediamo di parlarne, sia pure in forma non troppo estesa.

Incomincerò ricordando che il termine “geometra” veniva usato correttamente nel secolo dei lumi: qui sopra la bella immagine del frontespizio del Catasto Teresiano del mio paesino: ogni tanto lo riguardo con commozione, avendo fra l’altro fatto un bel lavoro di confronto fra quella mappa, rilevata con la classica “tavoletta” ed i metodi odierni di rilevamento (1).

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Durante il secolo successivo, si preferì indicare i misuratori del terreno con il termine “periti agrimensori”, e così sarà sino al Regio Decreto sopra indicato. 

Non starò qui a ricordare per filo e per segno come, nel decreto, si stabiliscano i compiti professionali dei geometri: ne ho parlato altre volte, ad esempio in (2); ricorderò solo che di gran lunga prevalevano i compiti topografici, sino alla geodesia dei “triangoli a lati rettilinei” insieme alle molte operazioni di stima agraria e catastale, rispetto alle pochissime operazioni di progetto e direzione di modesti edifici abitativi rurali e urbani. La cosa sarà poi motivo di infinite polemiche e vicende giudiziarie, a partire dagli anni Cinquanta del ventesimo secolo. Sino alla fine della seconda guerra mondiale, gli Istituti Tecnici per geometri erano pochi in tutto il Regno, ed i geometri professionisti alcune migliaia, inseriti negli albi tenuti allora dal Sindacato Fascista dei Geometri. Tanto per fare un esempio, in tutta la provincia di Milano vi era, accanto allo storico “Regio Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri Carlo Cattaneo”, solo quello di Legnano, intestato a Carlo Dell’Acqua insieme a quello di Lodi, aperto ufficialmente nell’anno scolastico 1933/34 e dedicato ad Agostino Bassi: quanti sono oggi, quelli statali insieme agli altri privati, nella provincia di Milano pur recisa da quelle di Lodi e Monza? Ahi noi, in questa vicenda siamo ben fuori dall’Europa! Gli è che il dopoguerra rivoluzionò tutto il settore.

Intanto, nacquero come funghi gli istituti tecnici privati, sin dal 1946/47: facilitazioni per ex-combattenti, per reduci dalla prigionia o dalla compagine partigiana videro diventare geometri persone senza la licenza del quarto anno di istituto tecnico inferiore; gli istituti statali videro gonfiare le classi quinte per i molti giudicati a ciò idonei, pur se bocciati all’esame di abilitazione. E poi, via via, col passare degli anni sorsero “filiali” degli originari istituti statali che divennero in pochi anni autonome: Nei soli dintorni di Legnano se ne videro in pochi anni parecchie. Nacque un istituto per geometri anche a Varese, seguito da altri in quella provincia, così del resto in tutte le provincie della penisola e delle isole: fantastico!

Tanto per dare una idea, sia pure sommaria, del triste fenomeno, fornirò qui avanti qualche dato. Varese nacque, come provincia, insieme a me, nell’ormai lontano 1927. Aveva circa 400.000 abitanti; il 30 settembre 1929 il Sindacato Fascista dei Geometri aprì l’Albo, con 19 iscritti: uno ogni 21.000 abitanti all’incirca. A riprova, rammento che nel circondario di Somma Lombardo, comprendente l’allora piccolo aeroporto di Malpensa e la famosa azienda Caproni Vizzola, oltre ai Comuni di Vizzola, Golasecca, Vergiate, Besnate, Arsago e Casorate Sempione, vi era UN SOLO Geometra, Emilio Porro (mai progettò edifici, ma era solerte ed attento ad ogni incombenza topografica, catastale e di carattere estimativo).Fra l’altro in quel territorio vi era anche un solo valoroso ingegnere civile, Luigi Binaghi, figlio e nipote di ingegneri usciti dal glorioso Istituto Tecnico Superiore di Milano, non ancora Politecnico! Il 12 luglio 1945, disciolto il Sindacato, a Varese venne costituito il Collegio dei Geometri, che nel 1954 contava 319 iscritti. Nel 2010 il Collegio aveva 1762 soci, calati oggi a 1510. Un geometra ogni 580 abitanti della provincia, che ne conta 878.000. Senza commento!

Sino agli anni Sessanta, la ferrea struttura gentiliana della scuola secondaria impediva ai diplomati geometri l’ingresso alle università (con l’eccezione per la “Bocconi”, privata) per cui parecchi giovani dovettero conseguire la licenza liceale per divenire ingegneri od architetti; ma poco dopo tutto cambiò e col diploma fu possibile entrare in qualunque facoltà, comprese giurisprudenza e lettere, per le quali sino ad allora non bastava nemmeno la licenza liceale scientifica, essendo prevista solo quella classica! Quantum mutatus ab illo! Oggi si contano (ne conosco alcuni) geometri divenuti avvocati di grido: come se la saranno cavata senza il latino, scomparso anche dalla scuola media? Così come si contano geometri che sono divenuti ordinari nelle facoltà di ingegneria (Milano, Torino, Bologna …). Non scommetterei sulla loro cultura generale: di alcuni di loro conosco la produzione scientifica, in genere limitata alle strutture matematiche esposte in un linguaggio passabile ma non eccellente: l’anima buona di Giovanni Gentile, nel cielo dei giusti, cosa ne penserà? Per dirla con Croce, “cultura” o solo “erudizione”?

Le vicende del corso per geometri, insieme a quelle della vita professionale, sono state dal secondo dopoguerra in poi molte, complesse, spesso turbolente. Abbandonato il prevalente indirizzo topografico e agronomico, i geometri si dedicarono in prevalenza alle costruzioni, suscitando l’ira di ingegneri ed architetti con la nascita di innumerevoli cause civili e penali in tribunali e preture. I Collegi provinciali dei geometri si gonfiarono a dismisura, così come accadde dagli anni settanta in poi, pure agli Ordini degli architetti. Infatti una scellerata disposizione permise l’apertura di corsi serali (!) in tutte le facoltà di architettura: a migliaia vi convennero geometri giovani, men giovani e vecchi, che si videro laureati senza aver seguito corsi di analisi matematica, di geometria analitica, di scienza delle costruzioni, di fisica tecnica, ma avendo sostenuto a gruppi esami collettivi di urbanistica 1,2,3,4,5 nonché parimenti di composizione 1,2,3,4,5! O tempora, o mores!

Nel frattempo erano nati in molte università anche corsi biennali di diploma; alcuni previgenti e seri presidenti del Consiglio Nazionale dei Geometri, come Borsalino e Raffaelli, pensarono di attivare uno di tali corsi proprio per i geometri, coinvolgendo nel gruppo di studiosi in quella direzione anche chi scrive ora queste righe (3). Di lavoro se ne fece molto, ma senza giungere a risultati: nel frattempo infatti erano nate le famigerate lauree triennali a indirizzo edilizio, ed i successori dei due illuminati presidenti sopra nominati si buttarono anima e corpo in tale direzione, dimenticando il prezioso suggerimento che aveva dato il professor Giuseppe Inghilleri, ancora nel Politecnico milanese, a proposito dell’indirizzo topografico-geodetico per i geometri: “più metri quadrati e meno metri cubi!”. Ne venne fuori quer pasticciaccio brutto (permettetemi di ricordare Carlo Emilio Gadda!) che tenta di sopravvivere ancora, dopo che la senatrice Malpezzi ha presentato il disegno di legge (che spero rimanga allo stato di disegno!) n.57 dal titolo “Disciplina della professione di geometra e norme per l’adeguamento delle disposizioni concernenti le relative competenze professionali”. Di questo brutto pasticcio mi sono occupato diverse volte: ricordo qui soprattutto quanto dissi su questa stessa rivista (4): Siamo ancora in tempo. Lo stravolgimento della professione di geometra, fenomeno solo e unicamente italiano, conta settant’anni di vita esatti: è infatti dal 1948 che il numero dei diplomati cresce paurosamente, attratto dalla ricostruzione edilizia del Paese uscito sonoramente sconfitto dalla seconda guerra mondiale. Da Carlo V in poi il geometra si era solo e sempre occupato di misurare la Terra: si vedano i prodigiosi servizi forniti dai geometri per il Catasto di Carlo VI o Teresiano che dir si voglia.  

Purtroppo la vicenda è tuttora in ballo, complice anche la pandemia ed ora la ben peggiore crisi ucraina con tutte le loro conseguenze, fra le quali abbiamo un Parlamento quasi in stato comatoso. Di concreto resta quanto stabilito nel disegno di legge, che in piccola parte riporto qui sotto:

Il titolo di geometra laureato viene attribuito a chi ha superato l’esame di Stato per la professione di geometra ed è in possesso di uno dei seguenti titoli:

  • Laurea classe 4 – scienze dell’architettura e dell’ingegneria edile (+ tirocinio di sei mesi ai sensi dell’ex DM 509/99);
  • Laurea classe 7 – urbanistica e scienze della pianificazione territoriale e ambientale (+ tirocinio di sei mesi ai sensi dell’ex DM 509/99);
  • Laurea classe 8 – ingegneria civile e ambientale (+ tirocinio di sei mesi ai sensi dell’ex DM 509/99);
  • Diploma universitario in Edilizia;
  • Diploma universitario in Ingegneria delle infrastrutture;
  • Diploma universitario in Sistemi informativi territoriali;

Per esercitare l’attività professionale il professionista dovrà poi iscriversi all’albo professionale dei geometri.

Ricordiamo che l’albo è unico sia per i geometri che per i geometri laureati, ad oggi non esiste differenza tra le due figure a livello di attività professionali esercitabili.

Commento: ma perché questi “laureati” dovrebbero iscriversi all’Albo dei geometri, potendo farlo nella sezione B degli Ordini di ingegneria e architettura? Tanto più che “l’albo è unico” ed inoltre “non esiste differenza tra le due figure (geometra e geometra laureato) a livello di attività professionali esercitabili”? Qual è il vantaggio? Forse quello di stampare sulla carta da lettere quel ridicolo “Dott. Geom.” che fa sbellicare dalle risa i geometri europei? Ma siamo seri!.

Uno dei punti principali del ddl Malpezzi è che per diventare geometri ed esercitare, la laurea diventerà poi obbligatoria, e l’esame di Stato verrà eliminato; il cambiamento non sarà drastico e non avverrà dall’oggi al domani, è infatti previsto dal ddl un regime transitorio durante il quale l’esame di stato continuerà a tenersi e a conservare i suoi effetti tuttavia, a decorrere dal 1 gennaio 2025, esso verrà soppresso e rimarrà valido solo il percorso universitario abilitante. Tutto questo, se il ddl verrà approvato; cosa per ora incerta, anche se molti Istituti Tecnici hanno aperto corsi di laurea di questo tipo (4), non si capisce bene se giuridicamente validi o meno. Domanda finale d’obbligo: quale sarà il campo operativo del nuovo laureato? Vale pur sempre, a livello giuridico, solo e soltanto il regio decreto del 1929! A proposito di carenze legislative: si noti che non esiste ancora un dispositivo di legge che definisca l’attività degli iscritti alla sezione B degli Albi degli ingegneri e degli architetti. Povera Italia! “Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno!”. Dal Petrarca ad oggi nulla è mutato.

Concludendo, la riforma degli istituti tecnici (scomparsa anche la tipica denominazione “Istituto Tecnico Statale Commerciale e per Geometri”) contenuta nel D.P.R. 15 marzo 2010, n. 88, prevede ora due soli settori, economico e tecnologico, e 11 indirizzi. I corsi per geometri e per periti edili diventano un unico corso per “periti delle costruzioni, ambiente e territorio”. Nessun “geometra” uscirà più dalla scuola secondaria italiana. Se il ddl Malpezzi non sarà tradotto in legge, giuridicamente sino a quando ci sarà ancora il geometra in Italia? A questo punto ci si pone anche la domanda: cosa accadrà alla elefantiaca struttura italiana di questo settore? Ho già scritto altre volte come nel resto della comunità europea, le associazioni dei topografi (tutti di formazione universitaria) contano alcune migliaia di aderenti, contro i cento e più mila del nostro bel Paese. Del resto, con evidente tautologia, noi abbiamo la benemerita AGIT, Associazione Geometri Topografi Italiani che credo sia paragonabile per l’appunto e per dimensioni a quelle d’oltre confine. Che fine farà la sontuosa Cassa di Previdenza, coi molti palazzi di cui è proprietaria qua e là? Domanda: come ha fatto il Ministero della Giustizia ad autorizzare il Consiglio Nazionale (ed i Collegi Provinciali) ad aggiungere la parte “ e dei Geometri Laureati” se questi non esistono ancora? Fermiamoci qui.  (Fonte)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.

1 Commento

  1. Dei Geometri QUASI tutto è stato detto,però :
    – geometri e i cantieri in Italia e nel mondo;non spesa una parola !
    – geometri che uscivano da una SCUOLA tecnica di vanto tanto da abilitarli alla professione;non un rigo!
    – geometri che si sono diplomati dopo il 1966 con sole due materie agli esami di maturità;nessuna citazione!
    – geometri che non avevano niente da invidiare agli Ingegneri appena laureati e non parlare degli ARCHITETTI che senza approfondito studio di Topografia FIRMANO facendosi redigere da Geometri il lavoro;insidiano le competenze altrui!
    – Cassa Geometri,iniqua,superficialmente citata. Essa CIPAG toglie il lavoro,il futuro e ti prende per la GOLA!
    Cassa Prev.Geometri-vuole €6.000 a giugno anche se non hai guadagnato.Ti rateizza con interessi e se non paghi ti pignora.Perdi il lavoro,ma vuole 18% sull’ultimo reddito anche dopo 2 anni.Pagare invece per ogni fattura emessa! Tanto su ogni Autorizzazione,per Legge,bisogna annotare gli estremi del Bonifico come compenso ricevuto e accettato!
    LIBERALIZZARE sarebbe non solo giusto bensì umano !
    QUESTO bisogna dire per maturare DEMOCRAZIA con i contenuti.Grazie,gm

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