Progettazione urbana, stop alla dittatura delle auto

Intervista a Mikael Colville-Andersen: con Copenaghenize propone una rivoluzione copernicana per città più ‘bicycle friendly’, nelle quali la bicicletta diventerà il mezzo di trasporto più veloce

Ospite del festival torinese di city making Torinostratosferica, Mikael Colville-Andersen è un esperto di progettazione urbana e CEO della società di progettazione Copenhagenize, attraverso cui ha curato anche la serie ‘Racconti dalle città del futuro’ in onda su LaEffe. Gli abbiamo posto alcune domande sul suo grande progetto culturale, divenuto attività imprenditoriale.

Colville-Andresen-1000x576Qual è il significato della parola ‘Copenhagenize’? Com’è nato il progetto e come funziona?

Copenhagenize non è un progetto, ma una società nata per occuparsi di progettazione urbana e collaborare con molte città nel mondo. Progettiamo la loro architettura, le loro reti di piste ciclabili e impostiamo la loro comunicazione e la loro strategia.’Copenhagenize’ è una parola che ho ideato nel 2007 per definire le modalità con cui altre città potevano seguire l’esempio guida di Copenaghen e prendere nuovamente sul serio la bicicletta come sistema di trasporto, come del resto si è fatto dappertutto per molti decenni fino al secolo scorso.

Perché ritiene che le città debbano diventare più simili a Copenaghen?

Le città in realtà dovrebbero essere sempre se stesse. Parlando di sistemi di trasporto, Copenaghen è tuttavia una città che oggi è in grado di essere un punto di riferimento nel mondo per come è riuscita a integrare pienamente la bicicletta fra i suoi sistemi di trasporto, rendendola di nuovo una forma di spostamento possibile ma anche rispettata e accettata. Restituendo ai ciclisti lo spazio che meritano nelle città attraverso infrastrutture adeguate, si può dare avvio a un processo virtuoso che, agendo solo sulla predisposizione di infrastrutture adeguate, farà esplodere il numero dei loro utilizzatori. Le persone non useranno le biciclette come primo mezzo di trasporto finché non avranno percorsi dedicati e protetti e un codice della strada che dia loro la precedenza agli incroci. Gli abitanti di Copenaghen utilizzano la bicicletta per un motivo molto semplice: prima di essere salutare e amico dell’ambiente, è il mezzo più rapido per andare da un punto A a un punto B. Se si riuscisse a rendere la bicicletta il mezzo di collegamento più rapido in tutte le città del pianeta, le persone lo useranno perché siamo tutti homo sapiens e sceglieremmo la strada più veloce.

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Guardando all’Italia e alle sue città più grandi, pensa che potrebbero diventare dei luoghi più ciclabili nonostante i loro centri storici lontani dalle periferie e le loro strade strette? Cosa consiglierebbe per renderlo possibile?

Queste parole descrivono in pieno anche Copenaghen, con il suo centro storico millenario che è stato circondato dal terzo sprawl più grande d’Europa. Ogni città può diventare ‘bicycle friendly’ gestendo lo spazio disponibile in modo diverso, togliendolo alle automobili per darlo alle biciclette, ma anche ai percorsi pedonali e al trasporto pubblico. Non si sta proponendo di infilare a forza le biciclette in strade che continueranno a essere occupate dalle auto né di portare le persone a pedalare tutto il tempo per ogni dove, ma di togliere le auto dalle strade e suggerire una reale alternativa che renderà la bicicletta la scelta di default da collegare alla rete di trasporto pubblico. È solo una questione di progetto: abbiamo bisogno di strade che siano luoghi disegnati per le persone, non ingegnerizzate per le auto.

L’Italia ha grandi problemi nella gestione delle infrastrutture e del trasporto pubblico, derivati anche da un approccio culturale che porta le persone a utilizzare l’automobile. Come può essere cambiata la situazione?

L’Italia è stato per decenni uno dei paesi ‘della bicicletta’ più importanti al mondo, fino a che non avete adottato, copiandoli, gli standard nordamericani di progettazione e gestione dei flussi di traffico degli anni cinquanta. Facendolo, avete distrutto uno stile di vita urbano storico e vibrante e, soprattutto, totalmente italiano, incoraggiando le persone a chiudersi all’interno di scatole di metallo. Per questo, ripassare a una modalità di trasporto intelligente per voi non dovrebbe essere difficile. Questa situazione tuttavia non è peculiare italiana, ma riguarda molti altri paesi. La maggior parte delle città italiane sono perfette per pedalarci, lo sono sempre state. Bisogna solo progettare e costruire infrastrutture per le biciclette e, per questo, avete tutto lo spazio del mondo per farlo, le strade. Le strade sono spazi pubblici e dovrebbero essere progettate per accogliere tutti i sistemi di trasporto, non uno solo. La ‘democrazia urbana’ deve diventare più importante della dittatura auto-centrica. (Fonte)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.