“Radio Ghetto”, il media multilingue che, dalle campagne, dà voce ai migranti

I braccianti africani raccolgono pomodori nei campi di Rignano Garganico, in Puglia, ma terminato il lavoro si siedono dietro la console. Per raccontare, attraverso mille lingue, le speranze dei popoli alla ricerca di riscatto. Quei sogni raggiungeranno l’Italia il 28 luglio, quando dalla loro baraccopoli si potrà ascoltare una radio molto speciale

Il mixer si monta quasi ogni anno in un posto diverso “perché la redazione è già andata a fuoco due volte”, la frequenza dovrebbe essere “sempre la stessa, 97.0”, e il palinsesto “varia a seconda di chi si mette le cuffie, e segue il flusso della vita nel campo: di solito si fa informazione la mattina, musica a pranzo, rassegne stampa, dibattiti e ancora musica verso sera, ma di fatto non esiste”. Pare tutto profondamente improvvisato, eppure anche quest’estate ripartiranno puntuali le trasmissioni di Radio Ghetto, voce multilingue e multiculturale dei braccianti africani del Ghetto di Rignano Garganico: l’immensa baraccopoli spersa nelle campagne di Foggia dove ogni anno si ritrovano migliaia di migranti, regolari e non, per lavorare nella raccolta dei pomodori. Una terra di nessuno fatta di baracche di legno, lamiera e spazzatura da dove per la prima volta, dal prossimo 28 luglio, si raggiungeranno via radio anche case e ascoltatori di tutta l’Italia e di un pezzetto d’Africa: “In particolare – spiegano dalla Puglia – in quei paesi da cui si parte per cercare fortuna e lavoro quassù”.

In onda dall’estate del 2012 su iniziativa della Rete Campagne in Lotta, collettivo di associazioni e centri sociali che puntò su questa piccola radio da campo “per far parlare i media e la politica di quello che succede nelle campagne italiane, terra di sfruttamento, affari mafiosi e criminalità”, la novità 2015 della testata più nera d’Italia, dopo le difficoltà dell’ultimo anno (“ci servivano e continuano a servire fondi e volontari”), è proprio la decisione di aprirsi al mondo con nuovi programmi. Il segnale non va oltre questa landa polverosa tra i comuni di Rignano, San Severo e Foggia, ma “con Radio Ghetto Italia andremo in onda in tutto il Paese grazie a Radio Popolare e a un network di radio locali – spiega Marco Stefanelli, giornalista romano, tra le anime del progetto – e in collaborazione con varie emittenti africane partiremo con la novità diRadio Ghetto Africa. Un programma d’informazione in francese, con cui far conoscere la realtà del ‘Gran Ghetto’ e la situazione italiana anche dall’altra parte del Mediterraneo, nei paesi d’origine dei flussi migratori.

Oltre 12 ore al giorno (dalle 10 fino a mezzanotte passata) per un mese (da fine luglio a inizio settembre) di trasmissione, per la gran parte nelle varie lingue africane della baraccopoli (“soprattutto il wolof del Senegal e il bambarà dei maliani, più difficilmente in inglese, francese e italiano”) e realizzate quasi esclusivamente dagli stessi braccianti che lavorano nei campi, al quarto anno di vita questa radio libera continua a essere il simbolo più bello del piccolo, grande sgangherato miracolo che è questo villaggio di cartone nato nel nulla, rifugio di una minima parte di quei 700mila lavoratori immigrati regolari e irregolari – almeno 400mila coinvolti in forme di caporalato, secondo le ultime statistiche Flai-Cgil – impiegati nella campagna italiana.

Una città nera dove ogni estate abitano e lavorano per 30, 40, massimo 50 euro al giorno – si paga a cottimo, tutto dipende da quanti cassoni di pomodori si riempiono – tra i 1.200 e 1.500 migranti, senza né luce, né gas, né servizi, in cui l’acqua potabile arriva solo una volta al giorno grazie alle autobotti della Regione, “ma anche dove la collettività si è strutturata come una grande famiglia, in una sorta di piccolo villaggio protetto”. Dove tra polvere, rifiuti e gruppi elettrogeni si incontrano negozi improvvisati, officine, bar, ristoranti e le tante altre attività di una micro economia interna alla baraccopoli: “Un luogo assurdo, un’emergenza sociale che pare incredibile possa esistere in una società civile – continuano in redazione – ma che vive di un grandioso senso di comunità, e riesce a funzionare con un suo perfetto, pacifico equilibrio”.

A dimostrarlo, tra le tante cose, è la stessa gestione della radio. Nata per far confrontare chi abita il quotidiano della baraccopoli, “ma anche per farne parlare fuori dalla Puglia, far conoscere questo luogo anche agli italiani” – continua Stefanelli – Radio Ghetto è oggi soprattutto uno strumento di servizio all’interno del campo. “La gestiscono e ne godono gli stessi braccianti, ragazzi di 20, 25, 30 anni che finiscono con i cassoni dei pomodori e nonostante la stanchezza corrono a mettersi le cuffie alle orecchie, per aiutare, accogliere, coinvolgere”. Via radio si “informano quelli appena arrivati su leggi e diritti italiani, si discute delle problematiche del proprio personale percorso migratorio, dello sfruttamento lavorativo imposto dal sistema del caporalato – continuano i volontari – ma si trova anche e soprattutto uno spazio multiforme in cui socializzare, condividere le proprie aspirazioni, divertirsi, trasmettere e ascoltare buona musica”. O sentirsi liberi sfidandosi negli infiniti contest di hip-hop e free style, al via quando il Gran Ghetto viene inghiottito dal buio della notte, i generatori elettrici si fermano e le trasmissioni vanno avanti fino all’una.

Microfono “aperto a tutti” (tutti possono intervenire quando siamo in onda, se vogliono: basta passare dalla baracca della redazione), radio 97.0 è diventata così primo collante tra le mille anime di questa realtà drammatica e surreale. Se il villaggio è diviso per aree di provenienza (più che altro Costa d’Avorio, Mali, Benin, Senegal, Burkina Faso, Nigeria) e varie categorie di persone (“ci si trova il ventenne senegalese che vive e studia a Brescia e scende a fare l’estate qua per farsi due soldi come il laureato in medicina in fuga dalla guerra, lo stagionale che arriva qua da Rosarno, la prostituta o l’ex autotrasportatore che ha perso il lavoro per la crisi”), le frequenze di ‘radio pomodoro’ uniscono i fratelli africani all’insegna della partecipazione. “Alcuni sono qua da 15 anni, altri sono appena arrivati e non vedono l’ora di scappare. Si vive nella disillusione e con un po’ di rabbia, certo – conclude Stefanelli – ma c’è anche ironia, e voglia di vivere, di costruire qualcosa per migliorare la propria condizione”.

“Viviamo sfruttati, ci spacchiamo la schiena, ma qui ci sentiamo al sicuro: è casa nostra”, conferma Menis, unico africano del Chad in tutto il campo, uno che il suo italiano l’ha imparato leggendo pagina dopo pagina un vecchio dizionario. “Il 25 luglio ricostruiamo la baracca della redazione, e il 28 riaccendiamo il trasmettitore – badano al sodo le voci nere dell’ultima stagione di Radio Ghetto: Bamba e Mady – ma abbiamo bisogno del vostro supporto. Stiamo raccogliendo tante radioline, e ci servono batterie. Vanno bene di tutti i formati, ricaricabili e non, ma sono importanti per mettere tutti i nostri compagni nelle condizioni di ascoltarci”.

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.