Sicurezza cantieri: rischio di deriva dell’attività di CSP/CSE

edilizia-sicurezza-(fonte) Negli ultimi tempi si sta assistendo al proliferare di richieste formali alle imprese da parte dei coordinatori della sicurezza, riguardanti aspetti che, in concreto, nulla aggiungono alla sicurezza reale in cantiere ma sembrano mirare solo a raccogliere evidenze documentali da esibire in caso di visita degli enti di vigilanza. Se da una parte ciò può sembrare giustificato, visto l’italico approccio più centrato sugli aspetti formali che su quelli sostanziali della sicurezza sul lavoro, dall’altra questa continua ricerca della formalizzazione a tutti i costi, porta spesso delle derive che non hanno alcuna giustificazione con la conseguenza di far perdere di vista gli obiettivi concreti a cui deve mirare il coordinatore.

Nel seguito di questo contributo, a cui ne seguiranno altri sullo stesso tema, saranno presentati e analizzati alcuni argomenti spesso oggetto di accese discussioni anche sui social tematici.

Il primo di questi argomenti riguarda il rapporto tra CSE e RLS o RLST e la verifica dell’idoneità del POS così come previsto dall’art. 92 comma 1, lett. b) del D. Lgs. n° 81/2008.

Secondo alcuni CSE, il POS, per essere sottoposto alla verifica d’idoneità, deve obbligatoriamente indicare anche il nominativo del RLS/RLST e l’evidenza della loro consultazione, altrimenti non può considerarsi “Idoneo” solo per tale formale mancanza.

Prima di entrare nel merito di tale affermazione, è opportuno ricordare quanto previsto dalla normativa vigente.

Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) è definito all’art. 2 comma 1, lett. i) del D. Lgs. n° 81/2008 come la <<Persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro>>.

 

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L’art. 47 comma 2 del D. Lgs. n° 81/2008 testualmente recita: “In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”. Il successivo comma 8 prevede che qualora non si proceda alle elezioni del RLS, le funzioni del RLS sono esercitate dai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriali ( RLST) e di sito Produttivo, salvo diverse intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ciò fa capire che l’elezione o designazione del RLS non è un obbligo del datore di lavoro ma un diritto dei lavoratori; diritto che può anche non essere esercitato.

Pertanto, il datore di lavoro non ha alcun potere decisionale al riguardo e non può assolutamente ingerirsi in nessuna forma o modalità per non violare la libertà delle organizzazioni sindacali previste dalla L. n° 300/1970 (Statuto dei Lavoratori).

Questo spiega il motivo perché il legislatore abbia previsto le altre due figure e cioè quelle del RLST e del RLS di sito produttivo.

Nel primo caso, il comma 1 dell’art. 48 prevede che il RLST eserciti le competenze del RLS indicate all’art. 50 (Attribuzioni del RLS) con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

Il comma 2 dell’art. 48 prevede che le modalità di elezione o designazione del RLST sono individuate dagli accordi collettivi nazionali, interconfederali o di categoria, stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Il successivo comma 3 dell’art. 48 prevede che tutte le aziende o unità produttive nel cui ambito non è stato eletto o designato il RLS partecipano al Fondo di cui all’articolo 52 (Fondo di Sostegno alla piccola e media impresa, ai RLST e alla pariteticità costituito presso l’INAIL).

Con uno o più accordi interconfederali stipulati a livello nazionale dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative vengono individuati settori e attività, oltre all’edilizia, nei quali, in ragione della presenza di adeguati sistemi di rappresentanza dei lavoratori in materia di sicurezza o di pariteticità, le aziende o unità produttive, a condizione che aderiscano a tali sistemi di rappresentanza o di pariteticità, non siano tenute a partecipare al Fondo di cui all’articolo 52.

Va ricordato che l’art. 18 comma 1, lett. aa) del D. Lgs. n° 81/2008 prevede l’obbligo, a carico del datore di lavoro o del dirigente, di comunicare in via telematica all’INAIL in caso di nuova nomina o designazione, i nominativi dei RLS (Vedasi Circolare INAIL n° 43 del 25/08/2009).

Pertanto, nei casi in cui i lavoratori non esercitino il loro diritto, il datore di lavoro non ha l’obbligo di segnalare all’INAIL alcunché. Obbligo che, invece, sussiste a fronte dell’avvenuta designazione o elezione.

Sarà, invece, l’Organismo Paritetico o, in mancanza, il Fondo di cui all’articolo 52 a dover comunicare (art. 48 comma 6 e art. 51 comma 8) alle aziende e ai lavoratori interessati il nominativo del RLST, affinché questi espleti le funzioni proprie del RLS.

Sempre l’Organismo Paritetico ha l’obbligo (art. 51 comma 8bis) di comunicare all’INAIL i nominativi delle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e il nominativo o i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali.

L’art. 92 comma 1, lett. d) del D. Lgs. n° 81/2008 chiede al CSE di verificare <<l’attuazione di quanto previsto tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere>>.

Il successivo art. 102 chiede al datore di lavoro dell’imprese esecutrice, prima dell’accettazione del PSC e delle eventuali modifiche significative apportate allo stesso, di consultare il RLS, fornendogli eventuali chiarimenti sul contenuto del piano; a tal riguardo, il RLS può formulare proposte al riguardo.

L’allegato XV al D. Lgs. n° 81/2008, riguardante i <<Contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili>>, al p. 3.2.1 indica quali debbano essere i contenuti minimo del Piano Operativo di Sicurezza (POS).

Alla lettera a3) viene richiesto l’inserimento del <<nominativo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, aziendale o territoriale, ove eletto o designato>>.

Ancora una volta appare evidente che il legislatore voglia ribadire che l’elezione o la designazione di tale figura sia un diritto dei lavoratori ma non certo un obbligo del datore di lavoro dell’impresa e che il nominativo di tale figura debba essere inserita nel POS se e solo se eletta o designata dai lavoratori.

In conclusione, visto quanto emerso dalla precedente disamina, le conclusioni, a parere di chi scrive, sono le seguenti:

  • la mancata elezione o designazione del RLS o anche la mancata comunicazione del nominativo del RLST da parte dell’Organismo Paritetico all’impresa esecutrice, non costituisce condizione che impedisca l’inizio dei lavori, trattandosi di un diritto dei lavoratori ma non di un obbligo del datore di lavoro e su cui il datore di lavoro non può esercitare alcuna forma di ingerenza pena la violazione delle libertà sindacali;
  • l’obbligo di consultazione dei RLS, previsto dall’art. 102 del D. Lgs. n° 81/2008, è concretamente attuabile se e solo se i lavoratori hanno deciso di esercitare tale diritto o se il RLST è stato eletto o designato e il suo nominativo comunicato all’impresa dall’Organismo Paritetico;
  • il D. Lgs. n° 81/2008 non richiede al datore dell’impresa esecutrice di attivarsi per informarsi se il RLST è stato eletto o designato;
  • al CSE non si può contestare la mancata attuazione dell’obbligo di cui all’art. 92 comma 1, lett. d) del D. Lgs. n° 81/2008, se i RLS non sono stati eletti o designati e se l’Organismo Paritetico non ha comunicato il nominativo del RLST all’impresa;
  • il POS, anche se non contiene il nominativo del RLS/RLST o la sua firma per consultazione per i motivi di cui sopra, non può non considerarsi “Non Idoneo” solo per tali formali mancanze.

Per ovviare a tale situazione e permettere al RLST, non certo la preventiva disamina dei piani (attività, in concreto, inattuabile vista la mole di lavoro) ma almeno di ricevere la segnalazione dell’apertura del cantiere in modo da permettere a questa figura di pianificare e programmare la sua attività con dei sopralluoghi nei cantieri, sarebbe opportuno che:

  • quanto previsto al comma 3 dell’art. 99 del D. Lgs. n° 81/2008 (richiesta copia della Notifica Preliminare), non fosse solo una facoltà per gli Organismi Paritetici ma una sistematica acquisizione di questo documento con le informazioni in esso contenute da mettere a disposizione dei RLST, oppure
  • prevedere appositi protocolli locali in cui le imprese comunicano direttamente ai RLST, presso l’Organismo Paritetico, l’apertura del cantiere.

In conclusione, al di là dell’aspetto formale del nominativo e della firma del RLS sul POS quale evidenza della consultazione, è opportuno che il CSE concentri la sua attenzione sulle carenze del POS che possono realmente e significativamente impattare sulla sicurezza in cantiere come, ad esempio:

  • la verifica, nel rispetto dell’autonomia del datore del lavoro dell’impresa riguardo le singole scelte compiute da questi, se quest’ultime sono o no compatibili con le scelte effettuate nel PSC;
  • l’accertata coerenza del POS con il PSC e cioè le evidenze programmatiche che dimostrano che l’impresa abbia recepito, coerentemente nel POS, le indicazioni contenute nel PSC.

Un secondo argomento oggetto di continua discussione è quello della data certa sul POS. A tal riguardo è opportuno fare una riflessione visto che a scrive sono recentemente giunte notizie riguardo sanzioni emesse a carico del CSE per la violazione dell’art. 92 comma 1, lett b) del D. Lgs. n° 81/2008 (mancata verifica dell’idoneità del POS), in quanto il POS dell’impresa esecutrice era stato giudicato idoneo anche se privo di data certa.

Francamente, sarebbe bastato che i normotecnoburosauri irreprensibili censori di questa atroce malefatta del CSE, avessero dato un’occhiata al D. Lgs. n° 81/2008 ed in particolare al principio di specialità (art. 298) ed all’art. 89 comma 1, lett. h) per comprendere che le previsioni dell’art. 28 comma 2 non possono, per analogia, essere trasferite tout court al caso del POS.

Di certo, il legislatore non ha brillato per chiarezza ma non bisogna essere dei docenti universitari di diritto penale o di procedura penale per comprendere che il documento di valutazione dei rischi è un elaborato il cui obbligo è sancito per tutte le imprese mentre il POS è il documento programmatico che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice, già obbligato estensore del proprio DVR riguardante tutte le attività d’impresa,<<redige in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell’art. 17 comma 1, lett. a), i cui contenuti sono riportati nell’Allegato XV>>.

Il riferimento all’art. 17 comma 1, lett. a) non va inteso come la richiesta dell’applicazione delle medesime regole previste dall’art. 28 anche al POS ma semplicemente come la contestualizzazione dell’analisi e valutazione dei rischi propri e dell’applicazione delle misure di prevenzione e protezione nello specifico cantiere anche sulla base delle previsioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento.

Del resto, va ricordato che l’art. 101 comma 3 del D. Lgs. n° 81/2008 prevede espressamente che <<Prima dell’inizio dei lavori ciascuna impresa esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all’impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l’esecuzione. I lavori (dell’impresa n.d.r) hanno inizio dopo l’esito positivo delle suddette verifiche che sono effettuate tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni dall’avvenuta ricezione>>.

Appare palesemente evidente, dunque, che è possibile individuare con semplicità un preciso momento temporale in cui il POS è stato già redatto, rendendo così inutile l’apposizione della data certa su questo documento.

Inoltre, non va dimenticato che il CSE, dovendo procedere alla verifica d’idoneità del POS dell’impresa esecutrice prima dell’inizio dei lavori della stessa, fissa, dando evidenza documentale di tale attività, un altro preciso momento temporale che testimonia l’avvenuta redazione di tale documento ad una ben precisa data anteriore all’inizio dei lavori.

In conclusione, si può tranquillamente affermare che discutere della necessità o meno della data certa su un POS equivale a disquisire sul sesso degli angeli e che una eventuale sanzione comminata solo per la mancanza della data certa sul POS, è assolutamente ingiustificata.

Il terzo ed ultimo argomento in questo contributo riguarda la Bonifica degli Ordigni Bellici (BOB) e se tale lavorazione debba o meno essere considerata come un costo della sicurezza da non assoggettare a ribasso.

Come noto agli addetti ai lavori, nel caso in cui debbano essere eseguiti scavi in aree non antropizzate e sospette di essere state oggetto in passato di eventi bellici, l’art. 91 comma 2-bis del D. Lgs. n° 81/2008 chiede al CSP di eseguire <<la valutazione del rischio dovuto alla presenza di ordigni bellici inesplosi rinvenibili durante le attività di scavo nei cantieri>>. Se a seguito di tale valutazione, il CSP ravvisasse la necessità di <<procedere alla bonifica preventiva del sito nel quale è collocato il cantiere, il committente provvede ad incaricare un’impresa specializzata, in possesso dei requisiti di cui all’art. 104, comma 4-bis>>.

Chi scrive ritiene che i costi della lavorazione relativa alla bonifica preventiva da ordigni bellici, non devono inseriti nella stima dei costi della sicurezza contenuta nei Piani di Sicurezza e Coordinamento (PSC) in quanto non sono da considerarsi <<costo della sicurezza da non assoggettare a ribasso>>.

Il motivo di tale convincimento deriva da quanto segue:

  • l’obbligo della valutazione del rischio da ordigni bellici è stato introdotto nel D. Lgs 81/2008 con la legge n° 177 del 01/10/2012 che ne ha modificato gli articoli 28 (Oggetto della valutazione dei rischi), 91 (Obblighi del coordinatore per la progettazione), 100 (Piano di sicurezza e di coordinamento) ed anche l’Allegato XV (aggiungendo al punto 2.2.3, la lettera <<“b-bis) al rischio di esplosione derivante dall’innesco accidentale di un ordigno bellico inesploso rinvenuto durante le attività di scavo;>>
  • non è stato modificato il dettagliato elenco al p. 4.1.1 – Stima dei Costi della Sicurezza dell’allegato XV, visto che non è stata aggiunta una specifica voce;
  • i costi della BOB non possono essere considerati quali costi derivanti da <<procedure contenute nel PSC e previste per specifici motivi di sicurezza>> (p. 4.1.1 lettera e) dell’allegato XV) in quanto per procedure il legislatore intende <<le modalità e le sequenze stabilite per eseguire un determinato lavoro od operazione>> (p. 4.1.1 lettera b) dell’Allegato XV) mentre la bonifica da ordigni bellici è una vera e propria attività lavorativa oggetto di apposito affidamento ad impresa specializzata (Impresa BCM).

Tra gli altri elementi per sostenere che la BOB non rientra tra i costi della sicurezzada non assoggettare a ribasso va evidenziato che:

  • i costi della lavorazione di bonifica bellica possono essere considerati voci di costo già contemplate nella stima dei lavori e compresi nei prezzi contrattuali dell’impresa affidataria;
  • al momento della redazione del PSC non possono essere conosciute le eventuali specifiche prescrizioni dell’autorità militare (modalità, profondità d’indagine, ecc.) e, pertanto, non è possibile eseguire una corretta stima degli eventuali costi da non assoggettare a ribasso;
  • l’obbligo di fare eseguire la BOB da un’impresa specializzata in possesso dei requisiti di cui al comma 4-bis dell’art.104 del D. Lgs. n° 81/2008, sulla base di un parere vincolante dell’autorità militare, rende contrattualmente molto difficile individuare preventivamente dei costi da “non assoggettare a ribasso” come imposto al punto 4.1.4 dell’allegato XV al D.Lgs. 81/2008.
  • l’elenco del p. 4.1.1 dell’Allegato XV è da ritenersi tassativo in termini di stima dei costi connessi alle misure preventive e protettive finalizzate alla sicurezza dei lavoratori, nel senso che tutto ciò che non sia direttamente riconducibile alle previsioni di tale elenco non potrà considerarsi un costo della sicurezza non assoggettabile a ribasso d’asta, per quell’opera o lavoro.

Se ne deduce che il legislatore non ha voluto considerare i costi della BOB come costi della sicurezza, altrimenti li avrebbe aggiunti nell’apposito elenco; quindi sono solo i costi propri della lavorazione  a non rientrare tra i costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso mentre tutti gli altri costi (segnaletica, recinzioni, mezzi e servizi di protezione collettiva, ecc.) sono da considerarsi quali costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso.

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.