SICUREZZA: «Psicofarmaci, depressione, attacchi di panico: la vita da operaio di Amazon per essere veloce»

L’ossessione per la rapidità, il controllo costante sul rispetto dei tempi, l’aumento delle malattie. La denuncia di una sindacalista sul principale stabilimento europeo del colosso dell’eCommerce

«Psicofarmaci, depressione, attacchi di panico: la vita da operaio di Amazon per essere veloce»

Il centro di distribuzione Amazon nel piacentino

Tutti compriamo su Internet, ma spesso poco sappiamo delle condizioni di lavoro al di là del pc e dello smartphone all’interno del colosso mondiale dell’eCommerce. Chi gestisce gli ordini a flusso incessante (milioni solo nel nostro Black Sunday) di Amazon? Chi lavora nei tre turni quotidiani del suo più grande stabilimento italiano ed europeo, a Castel San Giovanni in provincia di Piacenza? E qual è lo stato dell’arte dei loro diritti, a un anno dal timido ma storico ingresso dei sindacati nei suoi quasi 90 mila quadri di magazzini?

Sappiamo che sono in tutto circa 1.600, tra assunti a tempo indeterminato (riconoscibili da un cartellino blu) e determinato (verde); che la loro età media supera di poco i trent’anni, e che alcuni di loro presenterebbero problemi di salute per la velocità del loro lavoro, specie gli addetti al reparto outbound (lo smistamento degli oggetti che poi arrivano materialmente nelle case). Ad Amazon si lavorerebbe di corsa, per ottimizzare il tempo e non deludere i consumatori. “Il 70-80 per cento, a Castel San Giovanni, ha ernie e problemi alla schiena e al collo” ha affermato Cesare Fucciolo della Ugl.

L’Espresso ne ha parlato con Francesca Benedetti, segretario della Fisascat di Parma-Piacenza (la sigla per addetti ai servizi commerciali e del turismo della Cisl), di ritorno da un vertice internazionale in Polonia con l’azienda fondata e diretta da Jeff Bezos.

Nello stabilimento piacentino di Amazon, il lavoro è logorante?
«Sì, e Il livello delle malattie “normali” è elevatissimo: serve a mascherare gli infortuni e le malattie professionali. A volte è “colpa” del lavoratore, che per paura di ritorsioni non li dichiara; altre volte la responsabilità è invece dell’Inail, che fa fatica a riconoscere, nonostante i ricorsi, il livello abnorme di patologie, e l’incidenza epidemiologica al di sotto di ogni sospetto. Se nello stesso reparto ci sono decine di donne che hanno lo stesso tipo di problema alle mani (tunnel carpale), no, non può essere una coincidenza».

I lavoratori subiscono pressioni o attenzioni particolari?
«Un buon 80 per cento delle contestazioni disciplinari èrelativo ai tempi di percorrenza, nonostante gli ambienti siano smisurati. E le pressioni, spesso stupide e pretestuose, rappresentano la norma. Purtroppo aumentano i casi di lavoratori che a furia di subire vessazioni e umiliazioni a un certo punto perdono la testa e mandano tutti al diavolo. Pentole a pressione che scoppiano. Molti sono sotto psicofarmaci: abbiamo messo a disposizione i nostri psicologi. Depressione e attacchi di panico non sono un’anomalia. Esistono figure pagate proprio per questo: per farti andare di matto. Agenti provocatori. Zelanti professionisti della prevaricazione psicologica. Cani da guardia, kapò che trascorrono la giornata a verificare che nessuno prenda un caffè, si faccia una passeggiata, vada in bagno per più di un minuto».

«Andare in bagno per espletare i propri sacrosanti bisogni fisiologici può diventare un problema per i capi. Capita che un operaio si trovi in bagno, impieghi qualche istante in più della media e fuori dalla porta si materializza un manager con le braccia conserte che lo sgrida e ammonisce».

Il totem di Amazon è la rapidità di esecuzione?
«A tirare la carretta sono gli operai generici. Chi non produce più al livello supremo diventa una mela marcia da cestinare subito, senza nessun riguardo. Perché fuori preme una fila infinita di disoccupati che muoiono dalla voglia di guadagnarsi qualche soldo».

Da un anno voi sindacati avete messo piede a Castel San Giovanni. Un traguardo che sembra elementare ma che invece suona epocale.
«Amazon sta vivendo oggi in Italia quelli che sono stati i nostri anni 50 in fabbrica. Non accettano rappresentanti e mediazioni sindacali. Ci vivono come un corpo estraneo. Pretendono che i lavoratori si relazionino direttamente con l’ufficio del personale. Ultimamente però un loro rappresentante ha preso parte alle nostre riunioni sindacali, una specie di miracolo. E in America, come mi hanno raccontato loro stessi durante il vertice polacco, va molto peggio. Noi invece, grazie alle leggi del nostro passato, dei primi anni settanta, stiamo riuscendo a smuovere qualcosa».

Da Amazon a Zalando, da Esselunga a H&M, dietro i nostri clic ci sono migliaia 
di giovani. Che lavorano giorno 
e notte. Per raccogliere merci 
in magazzino, impacchettare 
e consegnare a casa. Ecco la gigantesca fabbrica della logistica nello shopping in Rete (DI MAURIZIO DI FAZIO)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.