Una cintura verde proteggerà Manhattan dagli uragani

Il progetto Dryline prevede spazi pubblici, barriere paesaggistiche, banchine ondulate, pannelli mobili e un museo marittimo a quattro dita per fermare le mareggiate

CAMBIAMENTI climatici ed eventi meteorologici estremi: le grandi metropoli planetarie stanno facendo i conti, quotidianamente, con il pianeta stravolto dall’insensatezza dell’agire umano. È il caso di New York e della sua isola simbolo, Manhattan, sconvolta tre anni fa da Sandy. L’uragano, che aveva attraversato Giamaica, Cuba, Bahamas, Haiti, Repubblica Dominicana e la costa atlantica degli Stati Uniti, aveva ridisegnato temporaneamente la geografia dell’isola tra il fiume Hudson e l’East River. E aveva riportato la linea che separa la terra dall’acqua alla situazione del 1640, quando gli olandesi dominavano ancora nella loro Nuova Amsterdam. Seppure per poche ore, nel 2012 tutte le terre bonificate sono state completamente sommerse e Canal Street è diventato di nuovo un canale. Risultato: danni per 19 miliardi di dollari, 305mila case danneggiate o distrutte, 750mila abitanti al buio, metrò ferme e festa di Halloween rovinata per tutti i newyorkesi.


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Ma New York non si arrende facilmente. E decide di usare la buona natura per contrastare la natura avversa. Il progetto Dryline, elaborato da un consorzio guidato da Big, Bjarke Ingels Group (Copenaghen/NewYork), con One Architecture (Amsterdam) e altri collaboratori, è molto ambizioso e può essere una risposta complessa e originale a uragani e inondazioni. Semplificando, si tratta di una sorta di cintura verde per proteggere l’area Sud di Manhattan (tutta! Da Central Park alle banchine rivolte verso la Statua della Libertà) attraverso la creazione di spazi pubblici ed elementi naturali resilienti in prossimità della linea costiera. Il progetto trasforma il problema in opportunità: crea soluzioni possibili contro gli effetti dei cambiamenti climatici. New York, ancora una volta, può diventare un archetipo per le città di tutto il mondo, un’isola protetta tra i fiumi e l’oceano.

Dryline si inserisce in un piano globale della City per ridurre la vulnerabilità agli eventi meteorologici estremi e ai cambiamenti climatici: 257 iniziative per rafforzare le difese costiere, ammodernare gli edifici, proteggere le infrastrutture e i servizi e rendere i quartieri più sicuri e più vitali. Bjarke Ingels, danese, 40 anni, un mega-studio di 220 persone diviso tra Copenaghen e New York, non è nuovo a progetti visionari: basta citare i condomini a forma di montagna nelle pianure suburbane di Copenhagen, dove si può sciare sulla copertura di un impianto di produzione energetica da biomasse, oppure lo zoo senza gabbie in cui i visitatori sono tenuti prigionieri mentre gli animali possono muoversi liberamente. E a Manhattan? L’intenzione della municipalità è quella di costruire 16 chilometri di protezioni dalle inondazioni, e lo studio Big ha immaginato la barriera come un nuovo, lunghissimo parco lineare. L’architetto vuole dimostrare come sicurezza climatica, architettura del paesaggio e attrezzature per il tempo libero possano coesistere. “Il nostro progetto”, racconta Ingels, “deve avere le dimensioni grandiose di Mosè, ma nello stesso tempo dev’essere in grado di lavorare sulla piccola scala dei quartieri. La città non deve girare le spalle al mare, ma dovrebbe abbracciarlo e favorirne l’accesso”.

Suggestiva la sintetica descrizione del Guardian: “Con una spolverata di polvere di fata, il litorale viene arredato con banchine ondulate e piante di protezione, diaframmi rovesciati e chioschi difensivi, passeggiate e piste ciclabili, aggiungendo alle nude rive di Manhattan una vita pedonale degna di Lisbona e Barcellona”.

La visione sta diventando realtà. Il Dipartimento federale per la casa e lo sviluppo urbano ha destinato 335 milioni di dollari al Comune di New York per attuare la prima parte di questa proposta – da Montgomery Street alla 23esima strada Est, nel quartiere Lower East Side. Barriere paesaggistiche, ponti pedonali che scavalcano la FDR Drive, una grande strada di scorrimento a sei corsie, e pannelli fissi e mobili contro le mareggiate saranno alcune delle realizzazioni che potremo scorgere pochi metri a Est del ponte di Brooklyn, e poi su quasi fino al Palazzo di vetro dell’Onu.

Il primo lotto è entrato nella fase operativa. Per il 2015 sono previste analisi delle condizioni esistenti (geologiche, paesaggistiche, strutturali, studi dei traffici pedonali e ciclabili) e passaggio dal concept design al progetto esecutivo. “La pianificazione sarà partecipata: il contributo della comunità”, assicura lo studio Big, “è fondamentale, dalla progettazione alla costruzione”. Naturalmente, anche le zone al di fuori dell’area di progetto finanziata hanno bisogno di protezione. New York ha fretta: ha già stanziato fondi per una prima analisi di fattibilità e per la costruzione di alcune misure di protezione dalle inondazioni a Battery Park. Qui, nel tratto più vulnerabile di tutta l’isola, sono previsti una serie di dossi erbosi che digradano verso un nuovo edificio formato da quattro dita adagiate sul lungomare, come un artiglio esteso a contrastare le maree. Si è immaginato così il nuovo Museo marittimo: uno spettacolare acquario inverso, dal quale i visitatori possono osservare l’innalzamento delle acque sotto scheletri di balena a penzoloni. Intanto il Municipio sta cercando ancora risorse aggiuntive, per costruire un sistema integrato e continuo che consenta di salvaguardare al meglio Manhattan, habitat umano dal valore inestimabile.

di MARCO ANGELILLO

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.