Veleni dell’Ilva, nuova inchiesta: “Ha continuato a inquinare”

Taranto, sotto la lente dei pm la vecchia gestione commissariale e le connivenze con il ministero

Mentre trecento operai torneranno al lavoro da domani, e il ministero dovrà decidere nelle prossime ore se davvero l’azienda ha realizzato almeno l’80 per cento delle prescrizioni ambientali, il fronte giudiziario Ilva non sembra essersi interrotto. Il rinvio a giudizio nella maxi inchiesta “Ambiente svenduto” è solo un pezzo del lavoro dei pm tarantini. Il procuratore Franco Sebastio, l’aggiunto Piero Argentino e i sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile conducono da mesi un’inchiesta bis molto delicata con due obiettivi: il primo, capire se la nuova Ilva, quella post Riva, continui a inquinare.

L’altro filone mira invece ad accertare eventuali complicità del ministero dell’Ambiente, sin qui rimaste inesplorate. La prima parte della nuova indagine prende il via da alcuni esposti che nei mesi scorsi segnalavano nel cielo di Taranto le solite nuvole nere e fenomeni di slopping (fiammate improvvise) dall’area a caldo riaperta solo grazie all’intervento del governo. Le segnalazioni si fermano ad alcuni mesi fa: oggi le emissioni sono molto limitate perché assai limitata è la produzione. Il livello si dovrebbe alzare da domani, quando ritornerà a funzionare l’Altoforno 1 con un nuovo filtro anti-polveri. Gli esposti avrebbero già trovato riscontri in alcuni accertamenti effettuati dal Noe dei carabinieri nei mesi scorsi.

La seconda parte dell’inchiesta bis riguarda invece la questione discariche. Una vicenda molto complessa dal punto di vista tecnico e che può “valere” 500 milioni di euro. Il siderurgico ha necessità di stoccare rifiuti, pericolosi e non. E, per risparmiare, preferisce farlo in autonomia. Perché ciò accada sono necessarie, però, delle autorizzazioni speciali che la vecchia Aia (Autorizzazione integrata ambientale) non contempla. Interviene allora un’autorizzazione regionale che, però, è scaduta nel 2013 e non è stata rinnovata dall’allora governatore Vendola. A quel punto il governo ha autorizzato le discariche con un decreto legge. Tutto questo mentre l’ex commissario ambientale Edo Ronchi entrava in collisione con il comitato di esperti nominato da Palazzo Chigi per predisporre un piano sull’Ilva, che di fatto veniva stravolto. Risultato: Ilva stocca i rifiuti autonomamente, e la Procura ora vuole capire se tutto ciò è regolare. E soprattutto ricostruire l’iter che ha portato a quelle autorizzazioni.

E a proposito di permessi, sono in corso le ispezioni per valutare se sono state realizzate l’80 per cento delle prescrizioni ambientali con scadenza 31 luglio come prevede la legge. Infine, da segnalare una lettera di solidarietà firmata dal mondo scientifico, e rilanciata anche dalla Fiom, al professor Giorgio Assennato, direttore di Arpa Puglia, rinviato a giudizio con l’accusa di non aver ammesso di aver subito pressioni da Vendola: tra i firmatari c’è anche Francesco Forastiere, l’autore della perizia disposta dai giudici di Taranto che ha permesso di inchiodare Ilva.


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