SICUREZZA: Voucher e tutela della sicurezza. Dubbio maxisanzione

Orientamenti diversi per Legislatore e Ministero

Precari- CASO – Gli ispettori del lavoro effettuano un accesso nella sede di una Pro Loco, ove un lavoratore afferma di essere un voucherista, ma agli ispettori non risulta alcuna comunicazione preventiva in tal senso. Il presidente della Pro Loco ammette la dimenticanza.

Così, i funzionari ministeriali lo informano delle conseguenze: a causa della mancata comunicazione preventiva, secondo l’indirizzo formulato tempo fa dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 4/2013 e nella nota del 12.07.2013, prot. 37/12695, il lavoratore sarà considerato un lavoratore subordinato, e verrà comminata la maxisanzione.

Sotto l’aspetto delle norme sulla sicurezza l’impiegato sarà, invece, paradossalmente ritenuto un lavoratore autonomo (art. 20, comma 1, lett a), n. 1 del D.lgs. n. 151/2015), senza gli obblighi di sottoposizione a giudizio di idoneità medica e di partecipazione a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

NORMA – Il D.lgs. n. 151/15 prevede una specifica disciplina in materia di sicurezza per i prestatori di lavoro accessorio ex art. 48 D.lgs. n. 81/15.

Il Ministero del Lavoro, con parere del 14/09/2012, aveva stabilito che anche i lavoratori accessori potessero essere impiegati nel settore dell’edilizia, purché sottoposti a giudizio di idoneità alla mansione, purché siano loro consegnati idonei dispositivi di protezione e purché abbiano svolto corsi di formazione, fermo il divieto dell’attività in appalto.

In sostanza, ai prestatori di lavoro accessorio veniva estesa la disciplina prevista per i lavoratori dipendenti.

Le previsioni si discostano, però, dall’orientamento del Ministero del Lavoro perché stabiliscono che ai prestatori di lavoro accessori, allorché svolgano attività in favore di soggetti diversi da imprenditori e professionisti, debba essere applicata la normativa sulla sicurezza decisa per i lavoratori autonomi ex art. 2222 c.c.. Tale previsione potrebbe aprire nuovi orientamenti per ciò che concerne il regime sanzionatorio applicabile nell’ipotesi in cui la prestazione del lavoratore accessorio venga resa in assenza della comunicazione preventiva.

L’art. 20, comma 1, lett a), n. 1 del D.lgs. n. 151 cit., riscrive il comma 8 dell’art. 3 del D.lgs. n. 81/08, disponendo che “nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro accessorio, le disposizioni di cui al presente decreto e le altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori si applicano nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista. Negli altri casi si applicano esclusivamente le disposizioni di cui all’articolo 21”.

Dal tenore letterale della previsione si evince che i prestatori di lavoro accessorio sono sottoposti, in materia di salute e sicurezza, a un trattamento normativo non omogeneo, ma differenziato in ragione del soggetto beneficiario dell’attività lavorativa.

Invero, se colui che richiede la prestazione è un imprenditore o un professionista, il lavoratore accessorio viene sostanzialmente equiparato a un lavoratore dipendente, tant’ è che l’art. 49, comma 3 del D.lgs. n. 81 cit. limita a tali categorie di committenti l’obbligo della comunicazione preventiva prevista per l’attivazione del voucher. Ciò significa in linea generale, e conformemente al parere espresso dal Ministero del Lavoro il 14/09/2012, che in favore dei predetti lavoratori troveranno applicazione le regole protettive previste per il lavoratore subordinato.

Diversamente, ove il beneficiario della prestazione non sia classificabile nelle due tipologie sopra descritte, in quanto ad esempio il committente è un’associazione non lucrativa ovvero un soggetto privato, l’art. 49, comma 1 del D.lgs. n. 81 cit. non contiene alcuna menzione sull’obbligo della comunicazione preventiva, ma si limita a stabilire che siffatti committenti “possono acquistare i buoni anche presso le rivendite autorizzate”. Correlativamente, l’art. 3, comma 8 del D.lgs. n. 81 cit., come novellato dall’art. 20, comma 1, lett a), n. 1 del D.lgs. n. 151 cit., prevede che a tali prestatori di lavoro accessori dovranno essere applicate le disposizioni di cui all’art. 21 del D.lgs. n. 81 cit., dedicate, tra gli altri, ai componenti dell’impresa familiare e ai lavoratori autonomi ex art. 2222 c.c..

Ebbene, l’art. 21, comma 1 del T.U. n. 81 cit. contempla, in capo al lavoratore, tre tipologie di obblighi. Deve:

  1. utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III;
  2. munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
  3. munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, sempre che effettui la prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.

Non sussiste, invece, per tale categoria di lavoratori l’obbligo di sottoporsi a giudizio di idoneità medica, né l’obbligo di partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, atteso che, ai sensi dello stesso art. 21, comma 2 del T.U. n. 81 cit., tali incombenze costituiscono per i lavoratori de quibus una mera facoltà.

L’art. 20, comma 1 lett a), n. 1 del D.lgs. n. 151 cit. esclude, infine, l’applicazione delle disposizioni del D.lgs. n. 81 cit. e delle altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori in relazione ai prestatori accessori incaricati di svolgere piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili.

Come testé descritto, tale nuovo assetto normativo potrebbe avere ripercussioni sul regime sanzionatorio applicabile verso lavoratori accessori per i quali sia stata omessa la comunicazione preventiva di cui all’art. 48, comma 3 del D.lgs. n. 81 cit..

Come noto, il Ministero del Lavoro (cfr. circolare n. 38 del 2010 e ancora cfr. circolare n. 4 del 2013 e cfr. nota n. 16920 del 9 ottobre 2014, prot. n. 37/0016920/MA007.A001) non distingue la categoria dei lavoratori accessori in base alla tipologia professionale o imprenditoriale del soggetto committente che ha impartito l’incarico di lavoro. L’attuale indirizzo ministeriale, ai fini sanzionatori, accomuna i c.d. “voucheristi” in un’unica categoria, nel senso che ove il personale ispettivo in sede di controllo riscontri l’assenza della comunicazione preventiva di attivazione delle prestazioni accessorie, deve ricondurre il rapporto di lavoro nell’alveo della subordinazione e, conseguentemente, applicare il regime sanzionatorio previsto per il lavoro sommerso.

Si tratta di un indirizzo tecnicamente non proprio ortodosso, ma che risponde a politiche di prevenzione e di contrasto al lavoro nero.

Semmai, ciò che deve essere evidenziato è che nel momento in cui si stabilisce per legge che i prestatori accessori debbono essere assoggettati al trattamento normativo previsto, in materia di sicurezza, per i lavoratori autonomi resta poi difficile, pena una non larvata contraddizione, ricondurre il rapporto di lavoro di costoro nell’ambito della subordinazione solo perché omessa la comunicazione preventiva di attivazione del voucher.

Tale indirizzo potrebbe tutt’al più continuare ad avere un sostegno di validità rispetto ai prestatori di lavoro accessorio chiamati a effettuare prestazioni su incarico di imprenditori e professionisti, ma per coerenza normativa non sembra più predicabile qualora il committente non rientri in alcuna delle due predette tipologie.

In definitiva, non pare che sia errato affermare che il lavoro accessorio se da un lato ha offerto la possibilità di avvalersi di manodopera a costi assai ridotti, dall’altro ha generato un assetto non equilibrato tra le tipologie negoziali utilizzabili nel mercato del lavoro. La necessità, poi, di conciliare esigenze finanziarie e occupazionali si è tradotta in una sorta di liberalizzazione all’impiego dei voucher che ora il Legislatore stenta a disciplinare.

RIP ANSA.IT

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.