È ampio il campo di applicazione delle norme contro gli infortuni sul lavoro
Lo ha ribadito la quarta sezione penale della Corte di cassazione nella sentenza n.14775 dell’11 aprile 2016.
La normativa antinfortunistica “si applica non solo ai lavoratori subordinati, ma anche ai soggetti ad essi normativamente equiparati, tra i quali rientrano i soci anche di fatto che prestino la loro attività per conto della società; e si applica altresì per garantire la sicurezza anche delle persone estranee che possano trovarsi occasionalmente nei luoghi di lavoro e, potenzialmente, nella situazione di pericolo”.
Secondo la Cassazione “Proprio dal fatto che le disposizioni prevenzionali sono da considerare emanate nell’interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell’impresa, consegue che, in caso di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli articoli 40 e 41 c.p.: in tale evenienza, quindi, dovrà ravvisarsi l’aggravante di cui agli articoli 589, comma 2, e 590, comma 3, c.p., nonché il requisito della perseguibilità d’ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex articolo 590, ultimo comma, c.p., anche nel caso di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente di lavoro, purché la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell’infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi”. (FONTE: casaeclima.com)
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