Da un lato l’Italia soffre di eccesso di offerta, con una media di un architetto ogni 350 abitanti che equivale a 10 volte tanto la media della Francia. Nel 1995 gli architetti iscritti a Inarcassa, cioè i liberi professionisti che vivono del proprio lavoro, erano 28.500. Oggi, più di 90mila. «Ci sono più architetti registrati in Italia che in tutti gli Stati Uniti. Si parla di 153mila iscritti all’Ordine, di cui 90mila (su 168mila totali, ndr) quelli iscritti a Inarcassa» fa notare Tomasi. Dall’altro, è una questione di materia prima: le costruzioni. Gli investimenti in progettazione, secondo dati Cresme, sono calati del 71% tra 2006 e 2015.
Un tonfo che non può che penalizzare l’occupazione, sia nella quantità (-24,4% di occupati) sia nella qualità. Fatture in ritardo di quasi 5 mesi Conseguenza? I laureati in architettura si trovano sempre più spesso ad accettare impieghi che hanno poco a che spartire con l’architettura in senso stretto, o tirocini con rimborsi minimi: 400-600 euro, una cifra che basta a malapena a coprire un affitto mensile a Milano. Sempre che, appunto, i pagamenti arrivino. Secondo il rapporto Eyu-Inarcassa la quota di architetti con crediti residui ha raggiunto il 68% nel 2013, mentre i giorni di attesa per vedersi saldare una fattura dalla Pa hanno raggiunto il picco di 141. L’equivalente di quasi 5 mesi di attesa per la normale retribuzione del lavoro. Non è difficile capire perché la fuga all’estero diventi la prima scelta, o il ripiego, di talenti proiettati su un mercato del lavoro già saturo delle sue figure tradizionale. Secondo Tomasi è fuorviante parlare di internazionalizzazione. «Internazionalizzare significa allargarsi, creare partnership. Qui si parla soprattutto di ragazzi che vanno a cercare lavoro ovunque, appunto come nelle migrazioni» «Dal 3D alla modellazione digitale, bisogna reinventarsi» Eppure, nel 2016, i dipartimenti di architettura contano ancora più di 100mila iscritti.
La crisi corre sui numeri descritti sopra, ma le prospettive non si esauriscono nei vecchi schemi della categoria. I laureati in architettura trovano sbocchi in settori innovativi e complementari alla propria formazione universitaria: dalla sostenibilità alla stampa tridimensionale, dalla progettazione 3D al Building information modeling, la rappresentazione digitale di funzioni e caratteristiche degli edifici. L’agenzia di lavoro Humangest gestisce già pratiche di neoarchitetti interessati alle nuove carriere del settore: «Sono da tempo attive specializzazioni quali, ad esempio, architettura sostenibile, bioarchitettura, rendering 3D, fotoarchitettura e perfino corsi di modellazione parametrica per Stampa 3d- spiegano fonti dell’agenzia – I moderni studi e imprese richiedono poi figure professionali con conoscenze specifiche e di settore ma anche con competenze multidisciplinari come: il project management e skill quali la leadership, la gestione delle risorse e la negoziazione».
L’obiezione di tanti è che, dietro alle lusinghe del reskilling, si nasconda un concetto più semplice: il demansionamento. Secondo Tomasi, si tratta più che altro di reinventarsi: aggiungere competenze al curriculum, magari nei settori più in crescita e con più fabbisogno. «Dobbiamo reinventarci, trovare nicchie di lavoro dove ci sia domanda e si possano comunque esprimere le proprie potenzialità – dice Tomasi – Prendiamo le nuove procedure di progettazione, come il Bim che non è solo un modo di rappresentare ma, anche, il modo di controllare il progetto per intero». Certo: reskilling o meno, molto dipenderà dalla ripresa del mercato e dalle conseguenti chance in più sul mercato. «Stiamo aspettando un volano per le infrastrutture, perché solo se cresce quello che io chiamo il “mondo del costruire” ci può essere una ripresa economica vera»
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