Un reportage di Piazzapulita smaschera il business del lavoro minorile nelle fabbriche turche di abbigliamento al confine con la Siria: centinaia i piccoli operai in fuga dalla guerra sfruttati e pagati stipendi da fame
Nelle città turche più vicine al confine siriano le fabbriche di abbigliamento impiegano bimbi di appena otto anni in lavori pericolosi e senza alcuna tutela. Bambini in fuga dallaguerra civile siriana seduti per ore alla macchina da cucire o al banco per produrre scarpe da ginnastica poi rivendute nei nostri mercati a pochi euro.
Il mercato è fiorente perché la manodopera non manca e un bambino può costare fino a sette volte meno di un lavoratore adulto. Le telecamere del programma di Formigli smascherano un imprenditore turco che confessa candido “la polizia qui non entra”. Difficile stupirsi, considerando che il tessile rappresenta il 7% del Pil della Mezzaluna.
Peccato che questa ricchezza, almeno in parte, sia prodotta da bambini-schiavi con le mani blu per le tinture tossiche che sono costretti a maneggiare ogni giorno. Che mormorano: “Vorrei diventare dottore, ma ora devo mantenere la mia famiglia. Studierò alla fine della guerra.”
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