MOSE, UN ALTRO INCIDENTE: DANNO DA 10 MILIONI

Stavolta è un guasto alla porta della chiusa nella conca di navigazione a Malamocco

 Chiamali «incidenti di percorso», come si ostinano a definirli al Consorzio Venezia Nuova. Prima il cassone alla bocca di porto di Chioggia, che non sarà esploso ma ha fatto la pancia per 70 metri quadrati: di solito succede al legno, non al cemento armato. C’è voluto un anno per venire a capo dei danni e 12 milioni per ripagarli. I lavori termineranno solo il 20 ottobre prossimo.

Poi la porta della chiusa nella conca di navigazione a Malamocco. Anche questa classificata come una quisquilia, per tenere bassa l’attenzione dei pochi che fanno ancora domande.

Finora l’incidente è rimasto nell’ombra, invece è un danno serio. Potrebbe costare come e forse più del cassone di Chioggia, ma è molto più grave quanto a immagine: durante un maltempo dello scorso febbraio, la porta a mare che ha un fronte di 50 metri, dunque caratteristiche oceaniche, ha ballato picchiando sul fondo ed è rimasta danneggiata. C’è incertezza sulle cause, due commissioni al lavoro e poca voglia di dare risposte circostanziate.

Si può capire: il sistema che deve proteggere Venezia dalle acque alte, non ce la fa neanche a tenere in piedi correttamente la porta di una chiusa, davanti ad una mareggiata da laguna? Dopo tutto quello che è successo, manca solo che il Mose faccia nascere dubbi di questo genere.

La conca di Malamocco è progettata per consentire l’ingresso delle navi nel canale dei petroli anche con le paratoie anti-acqua-alta alzate. E’ lunga 380 metri, larga 50 e ha già fatto discutere perché l’allineamento dei natanti più grandi è reso problematico dalla scogliera di protezione, che è troppo vicina.

Morale: i portacontainer saranno costretti a rimanere alla fonda fuori in mare, aspettando che le paratoie vengano abbassate.

La questione è saltata fuori all’inizio dell’anno, posta dai piloti che hanno già problemi a timonare nello stretto navi più piccole. Per evitare che il Mose in funzione blocchi ogni attività, l’Autorità Portuale ha proposto di “fasciare” una sponda della conca per consentire un ormeggio morbido (mooring dolphin) alle grandi navi. Succede anche nel Canale di Panama, fanno sapere gli esperti. Il progetto sta andando avanti, con il piccolo particolare che costa dai 10 ai 15 milioni e non si sa bene chi deve scucirli.

Per i guai della mareggiata di febbraio invece non ci sono dubbi. «Il danno sarà imputato al Consorzio», precisa Fabio Riva, l’ingegnere capo del Mose, versante controllori.

Riva è l’uomo che l’ingegner Giovanni Mazzacurati non voleva assolutamente alla presidenza del Magistrato alle Acque. Appena si profilò la possibilità – si legge nelle intercettazioni telefoniche riportate dall’ordinanza di custodia cautelare del 4 giugno 2014 del tribunale di Venezia – si fiondò a Roma a parlare con Ercole Incalza per bloccare la nomina. Gli fece una guerra spietata. Sgradimento totale.

Riva ha ancora scritto “verboten” sulla fronte. E’ rimasto nell’ufficio che occupava al Magistrato alle Acque di Venezia, mentre l’allora candidato di Mazzacurati, Paolo Emilio Signorini, è oggi segretario generale della Regione Liguria. Così va il mondo.

Ma almeno questo stop alla carriera vale per Riva da certificato di garanzia, di una persona che pensa con la propria testa e non prende ordini da terzi, meno ancora se sono i controllati.

L’ingegnere presiede la commissione che sta valutando i danni denunciati nei lavori del Mose: «Abbiamo fatto alcune riunioni, non solo sulla porta della conca di Malamocco ma anche su altri incidenti, per dare istruzioni in proposito.

La linea è che se si rompe il parafango della macchina, non cambio tutta la macchina. Per Malamocco l’entità del danno non verrà stimata, perché quello è un costo ribaltato esclusivamente sul Consorzio, che si è preso anche la briga di verificare che cosa funzionava o meno».

Al Consorzio Venezia Nuova la linea sembra quella di attribuire la responsabilità al costruttore della porta, il gruppo Cordioli di Verona, anche se il commissario Luigi Magistro si tiene sulle generali: «La Cordioli ha vinto una gara europea per le due porte della chiusa. Il costo complessivo dell’aggiudicazione è stato di 11 milioni di euro per la fornitura, più altri 5 di progettazione, montaggio e meccanismi vari.

Nella peggiore delle ipotesi, se anche il danno comportasse la sostituzione della porta che non si può più riparare, non si andrebbe oltre i 10 milioni di euro».

Va da sé che il costruttore avrà buon gioco a replicare che, una volta consegnata, la struttura andava tenuta in funzione correttamente. Dunque chi l’aveva in carico, sia chi sia, dovrà spiegare l’accaduto.

Per la precisione, l’intero impianto della conca di Malamocco, in sigla Op 457, è costato 24.561.723, 34 euro.

Questa la cifra pagata dal Magistrato alle Acque, dunque dall’erario. Come il Cvn si sia poi gestito al suo interno, non ha rilievo per il contribuente.

La base d’asta per le due porte era di 14 milioni. Gli altri 10 sono andati per funi, arganti, impianti vari, montaggio. Ne consegue che ogni porta è costata 7 milioni di euro, più 5, totale 12. Se la riparazione dovesse comportare smontaggio e rimontaggio completo, sotto 5 milioni non si andrà.

di Renzo Mazzaro

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.