PROFESSIONE: ABOLIRE GLI ORDINI PROFESSIONALI?

ordiniEra molto tempo che avevo in mente di scrivere un articolo sugli Ordini professionali. Ho aspettato molto perché è un tema certamente complesso da affrontare. La mia riflessione nasce da una esperienza ordinistica durata diversi anni nei quali ho ricoperto incarichi di vario genere e partecipato a diversi consigli nazionali. Ora sono circa due anni che rivesto il ruolo di delegato Inarcassa e sto facendo un’esperienza che ha dei punti in comune con quella ordinistica ed altri molto differenti. Questo mio percorso mi pone in una visuale privilegiata che vorrei condividere con voi per provare a rispondere a questa domanda.

CAPIRE LE ORIGINI PER COMPRENDERNE IL FUTURO

Quando nacquero gli Ordini professionali il mondo del lavoro era molto diverso da quello di oggi. Negli anni venti gli ordini nascevano su ispirazione dellecorporazioni medievali, con lo spirito di creare un albo di soggetti qualificati a svolgere una data professione, proteggendosi così da coloro i quali non potessero vantare i requisiti idonei. Allo stesso tempo gli Ordini proprio per garantire al loro interno dei requisiti di onorabilità e professionalità dovevano garantire e tutelare la committenza da eventuali errori, incapacità o frodi dei propri membri.  Nella consuetudine la professione che si intraprendeva da giovani era quella che veniva svolta per tutta la vita. Il sociologo Zygmunt Bauman è divenuto noto al grande pubblico proprio per aver coniato il termine di società liquida proprio per sottolineare questo nuovo stato. Viviamo un un mondo in continuo divenire dove non esistono più riferimenti fissi, dove tutto cambia e sopravvive solo chi si risce ad adeguare ai cambiamenti. E’ inevitabile quindi constatare quanto siano anacronistici gli attuali Ordini nella società contemporanea.

COSA FARE OGGI DEGLI ORDINI?

La risposta più semplice ed immediata è quella di eliminarli. La stragrande maggioranza dei liberi professionisti li considera un inutile balzello o tassa da pagare annualmente. Certo è difficile dare torto a chi la pensa in questo modo, gli Ordini oggi sono rimasti praticamente uguali al Regio Decreto di quasi un secolo fa e le recenti riforme e l’introduzione dei crediti formativi invece di adeguarli al contesto attuale hanno finito di peggiorare la situazione. Ma eliminarli è la scelta giusta? Certo si eliminerebbe un problema alla radice. Ma cosa succederebbe? Proviamo ad immaginare il caos che si creerebbe: come potremmo essere sicuri di avere davanti un professionista qualificato, un vero medico, un vero architetto o ingegnere e così via? Allo stesso tempo se un giorno dovessimo investire per la formazione dei nostri figli per poi constatare che poi quella professione viene svolta anche da chi non ha i titoli? Un paio di esempi per comprendere che evidentemente eliminare gli Ordini produrrebbe non poche problematiche di garanzia.

QUALE È LA STRADA PERCORRIBILE?

L’unica vera alternativa è quella di una profonda riforma trasformando gli Ordini in strutture in grado di tutelare concretamente i membri e la società. Per questo sono indispensabili una serie di cambiamenti. La prima domanda che dovremo porci è:

CHI È UN LIBERO PROFESSIONISTA?

Chi è un libero professionista? chiunque, pur avendo altro impiego svolga, anche saltuariamente la professione? Oppure chi svolge il modo esclusivo la professione? A rispondere a questa domanda ci viene in aiuto la lettera prot. 4594 del Ministero dell’Economia e delle Finanze che, fa riferimento al comma 3 dell’art. 61 del Decreto legislativo n° 276 del 10/09/2003 secondo cui per le prestazioni occasionali “sono eslcuse […] le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali“. Questa definizione, oltre che determinare effetti fiscali, chiarisce che un professionista in quanto iscritto ad un Ordine professionale di per se persegue un’attività continuativa e non occasionale in quanto la sola iscrizione implica direttamente una continuità temporale nell’intero arco dell’anno solare. Seguendo questo principio, chi dovesse accettare una mansione come dipendente a tempo pieno, dovrebbe cancellarsi dall’Ordine in quanto incompatibile poiché è l’iscrizione di per se considerata attività non occasionale. Di fatti questo principio viene recepito per i dipendenti di enti pubblici che non possono in alcun modo svolgere la professione pur potndosi iscrivere all’Ordine. La domanda che viene spontanea a questo punto è perchè questi soggetti si iscrivino non potendo utilizzare il timbro.

LE REGOLE NON SONO UGUALI PER TUTTI

Esiste una categoria di dipendenti pubblici che ha dei privilegi speciali: secondo l’articolo 508 comma 15 del decreto legislativo n. 297/94, gli insegnati, possono svolgere la professione semplicemente richiedendo l’autorizzazione al dirigente scolastico per il singolo lavoro o per la durata dell’intero anno scolastico. In realtà la norma, ripresa anche dalla nota del MIUR n. 1584 del 29 luglio 2005. non è così generica bensì stabilisce paletti precisi, in particolare la condizione fondamentale è che, oltre naturalmente il fatto che sia compatibile con l’orario d’insegnamento e non sia di pregiudizio all’assolvimento dei compiti inerenti la funzione docente, che lo svolgimento della libera professione sia coerente con l’insegnamento impartito. In pratica lo svolgimento della professione è consentito solo ed esclusivamente se come finalità abbia “l’arricchimento” del docente in modo da avere ricadute positive sulla sua azione didattica. Nella realtà dei fatti purtroppo i dirigenti scolastici non valutano sempre con attenzione questa condizione, ed allora abbiamo insegnati elementari che svolgono i CTU nei tribunali ecc ecc… Ricordiamo, inoltre, che le pubbliche amministrazioni, ai sensi della legge n. 669/96 e della Circolare della Funzione Pubblica n 6 del 1997, non possono conferire direttamente incarichi esterni di natura professionale a chi è dipendente anche di un’altra amministrazione e che eserciti una libera professione.
E quella eccezione che nasceva per fini di crescita professionale nel nostro paese diventa un privilegio specifico solo di una precisa categoria di dipendenti pubblici concesso in modo dilagante. La soluzione a tutti questi problemi, in un paese dove se concedi un dito ci si prende l’intero braccio è solo una:

GLI ISCRITTI AGLI ALBI DEVONO ESSERE SOLO ED ESCLUSIVAMENTE LIBERI PROFESSIONISTI

Gli Ordini devono essere costituiti solo ed esclusivamente da membri che svolgono la professione in maniera esclusiva. Questo principio eviterebbe che soggetti non professionisti, che svolgono altra professione, dipendenti di enti pubblici, insegnanti, docenti universitari, potendosi iscrivere agli ordini possano svolgere ugualmente la professione. Qualcuno si chiederebbe: perché queste limitazioni? Non avevamo parlato di società liquida e che senso ha alzare muri e divieti? Io stesso in linea di principio sono portato a pensare che non bisognerebbe porre dei limiti e che se un individuo riesce a portare avanti più lavori è teoricamente giusto che non possa essere limitato. Ma c’è da osservare che un conto è la teoria ed un conto è la pratica e che certe problematiche non possono essere risolte seguendo un principio teorico che poi inevitabilmente si scontra con una realtà in cui le variabili sono tante e le problematiche innescate diventano molteplici ed irrisolvibili. C’è inoltre un altro fattore: quello delle opportunità e di garantire lavoro a tutti.

ORDINI ASCIUTTI

Se agli ordini appartengono solo ed esclusivamente liberi professionisti si hanno tre grandi vantaggi fondamentali:

–  la costituzione di una categoria omogenea e pertanto anche nelle politiche si sano corporativismo nella difesa della professione, una posizione unica e coerente che possa tutelare chi vive solo ed esclusivamente della libera professione;

– un minore appiattimento delle parcelle verso il basso: chi ha già una base di uno stipendio garantito può permettersi di eseguire prestazioni anche a prezzi più competitivi in quanto ha una garanzia di una base economica e spesso non ha le spese di una struttura di uno studio;

  – una riduzione del numero degli iscritti produrrebbe un aumento del lavoro.

Inoltre, nel caso di professioni affini come architetti ed ingegneri, si potrebbe pensare alla fusione ad un unico Ordine di professionisti in modo dasemplificare le strutture e non creare differenze relative ad esempio alla formazione (dove gli ingegneri possono autcertificare una parte dei crediti gli architetti no) o alla vidimazione delle parcelle (nel caso ad esempio delle parcelle del terremoto spesso i vari Ordini hanno orientamenti diversi su lavori identici creando delle ingiuste differenze) .

Ordini più snelli, costituiti da un numero minore di iscritti ma certamente più utili e funzionali e determinati nelle posizioni perchè condivise da una categoria omogenea. E’ forse questa la strada? certamente è una delle possibilità, certamente oltre tutto questo c’è dell’altro, ma sono convinto che il punto di partenza per un vero cambiamento è il passaggio ai soli liberi professionisti. Inutile ipotizzare altro se non si parte da questo presupposto.

(Di Gianluigi D’Angelo)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.