SICUREZZA: L’insicurezza nei cantieri edili, la principale causa di infortunio

L’insicurezza nei cantieri edili e nelle fabbriche, una delle principali cause di morte nei luoghi di lavoro

image002Di sicurezza parlano i mass-media e le più alte cariche dello Stato, lo stesso sindacato offre una sponda importantissima e fa fede l’impegno della Cgil che festeggia il centenario nella storica Sesto San Giovanni con un grande convegno imperniato su questo tema. Accendere i riflettori di per sé non basta ad arginare un fenomeno che ha assunto proporzioni (non da oggi) allarmanti, ma da qui si parte per favorire interventi concreti in grado di garantire l’integrità psicofisica di chi, tutte le mattine, esce di casa per andare a lavorare e ha il diritto di pensare che, alla sera, in quella casa ci potrà ritornare

     L’insicurezza nei cantieri e nelle fabbriche ha molteplici cause, ma tra queste non figura quasi mai la fatalità. Basta un semplice numero a descrivere concretamente questa emergenza: in Italia muoiono sul lavoro quattro persone al giorno. Ecco perché occorre iniziare a monitorare i luoghi dell’insicurezza, i cantieri come le fabbriche e tutte quelle realtà che vedono in posizione di svantaggio fin dall’inizio i lavoratori più inesperti, quelli saliti da qualche giorno su un ponteggio o quelli che sotto i capannoni dovrebbero beneficiare del periodo di formazione e che invece, magari, subiscono ricatti. Molto spesso il giogo dell’insicurezza mortale colpisce proprio i più deboli, i precari

    Investire in sicurezza non può che essere una priorità assoluta per le istituzioni democratiche di questo Paese. E la mancata applicazione delle norme specifiche relative a salute e sicurezza, della quale spesso e volentieri si parla, è una delle cause degli infortuni; a ciò vanno aggiunte l’inadeguatezza delle norme su appalti e sub-appalti, la precarietà, lo sfruttamento dei lavoratori immigrati, il lavoro nero e la carenza degli apparati di vigilanza, nonché il mancato o insufficiente coordinamento delle strutture pubbliche competenti.

    Avviare un percorso di costruzione di una legislazione specifica è un passaggio necessario, dal momento che la stracitata “81.08” non è riuscita ad arginare il fenomeno delle “morti bianche”, una delle piaghe più gravi del nostro Paese. Grave, anzi gravissima perché in Italia si muore pressoché come cinquant’anni fa. La fotografia che ci ha fornito recentemente l’Inail è allarmante. Dalle prime elaborazioni effettuate sui dati degli infortuni avvenuti nel primo trimestre dal 2006 ad oggi emergono segnali per nulla positivi e in controtendenza rispetto ai pallidi miglioramenti degli anni precedenti: comparando i dati relativi al primo trimestre 2005, 2006, fino ad oggi gli infortuni sono cresciuti del 3,3%; nell’industria e nei servizi il segno + sale al 3,7%.

    Una tendenza così preoccupante impone un’analisi scrupolosa e rivolta ai limiti riscontrati nel passato anche recente: riferendoci alla “81.08”. Da un lato gli interventi applicativi sono stati fiaccati dalla complessità delle procedure burocratiche che hanno spesso e volentieri depotenziato gli effetti delle iniziative concrete a tutela della salute. E a margine di quelle “procedure”, occorre dirlo con amarezza, qualche fantomatico “operatore del settore” si è pure arricchito. Burocrazie e rallentamenti di varia natura non hanno certo aiutato coloro che chiedevano di utilizzare il nuovo strumento legislativo per ripensare i modelli organizzativi in funzione della sicurezza. Dall’altro lato abbiamo riscontrato nel corso degli anni una cronica carenza degli apparati ispettivi, che ha consentito a furbi e mascalzoni di farla spesso franca lasciando centinaia di migliaia di lavoratori alla mercé dei rischi più gravi e disparati.

(di Debora Mazzola)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.