Una laurea per medici ingegneri Humanitas/Politecnico, tra hi tech e scienze della vita

Medici-ingegneri, per integrare le conoscenze legate alla salute, al benessere e alla qualità della vita con quelle delle più innovative tecnologie digitali. Nasce a Milano un nuovo corso di laurea, per formarli, grazie all’accordo tra l’Università Humanitas e il Politecnico.

Un’esperienza innovativa, a livello internazionale. E ancora una volta la città si conferma come luogo ideale di sintesi originali tra scienze e discipline diverse, di un “nuovo umanesimo” che costruisce speciali dimensioni del sapere.

“In tutto il mondo la ricerca medica e quella tecnologica stanno convergendo. Big data, intelligenza artificiale, biomateriali, machine learnig. E l’Italia è in condizione di giocare una partita ambiziosa, se c’è uno sforzo comune tra università, centri di ricerca, imprese, istituzioni pubbliche e private”, sostiene Gianfelice Rocca, uomo di scienza e di economia, presidente di Techint e di Humanitas ed ex presidente di Assolombarda.

Ecco dunque la Medtech School, un corso di laurea in Medicina e, contemporaneamente, in Ingegneria biomedica (un corso, questo, già attivo da tempo proprio al Politecnico). Sei anni di studi, 50 studenti selezionati tra richieste internazionali (test d’ingresso il 6 settembre), corsi in inglese, aule e laboratori tra l’Humanitas (con i reparti d’ospedale a disposizione) e il Politecnico. E un’ambizione: diventare punto di riferimento per altre esperienze nel mondo.

“Un’assistenza sanitaria efficace, personalizzata e sostenibile”, dicono Marco Montorsi, chirurgo, rettore della Humanitas University e Ferruccio Resta, ingegnere, rettore del Politecnico. E spiegano: “Medicina di precisione, nanotecnologie, robotica, intelligenza artificiale, big data, entreranno sempre più a far parte della quotidianità dei futuri medici, ed è per questo che la loro formazione deve adeguarsi, per arricchire il paese di conoscenze e competenze necessarie alla crescita dei nostri laureati“.

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Sostiene ancora Rocca:

“È una svolta culturale. La tecnologia serve per aiutare i medici ad avere più tempo per sollevare lo sguardo dal paziente e guardare il paziente. E il settore delle scienze della vita è destinato a diventare sempre più decisivo nelle economie che invecchiano. Negli Stati Uniti rappresenta il 20% dell’economia, vale il 30-40% della ricerca. Un settore profondamente sociale. Con comunità che competono per raggiungere l’eccellenza e fare da volano ai territori”.

Si muovono, nel settore della scienza della vita, le grandi case farmaceutiche. Ma anche Google, Apple e Ibm. Le logiche degli affari si incontrano con quelle sociali legate al “prendersi cura” delle persone che invecchiano, dei soggetti deboli (i malati), delle famiglie che vivono le sofferenze dei loro cari.

L’Europa e l’Italia hanno una grande tradizione positiva, in termini di welfare. E proprio quella profonda cultura della solidarietà e dell’assistenza, come missione pubblica, va sostenuta da un’attenzione particolare, proprio grazie al supporto delle nuove tecnologie. In sintesi: un welfare migliore grazie alle conoscenze hi tech. 

È una missione “pubblica” – va aggiunto – che si rafforza con la collaborazione tra strutture pubbliche e imprese private. La sanità, a Milano e in Lombardia (ma anche in Emilia), ne offre indicazioni esemplari, che possono fare da riferimento nazionale ed europeo.

Racconta Rocca:

“Sul fronte dell’innovazione i risultati sono buoni: dei primi dieci centri di ricerca italiani, sette sono a Milano e tutti nel primo 5% mondiale. Abbiamo adesso, tutti insieme, la responsabilità di fare volare questo cluster delle scienze della vita”.

Milano come Boston? “Boston è nel primo 2% mondiale. Ma noi possiamo crescere”. Come? Continuando ad attrarre risorse, talenti, competenze. Facendo lavorare insieme accademia, industria, Stato e regioni che investono grandi quote dei bilanci pubblici nella sanità, assicurazioni. E coinvolgendo i pazienti e le loro famiglie.

Dicono ancora Montorsi e Resta:

“Medtech School è pensato per quei giovani che vorranno essere medici capaci di governare lo sviluppo dell’innovazione in Medicina; medici in grado di sfruttare appieno le nuove tecnologie, conoscerne i meccanismi, governarne i processi per modificarli e migliorarli, mettendole al servizio della sanità e avvicinandosi ancora di più al paziente”.

Ma non è solo questo, l’orizzonte:

“Si crea una nuova figura professionale rivolta alle imprese e ai settori industriali che operano nell’ambito dei dispositivi e delle tecnologie biomediche o in quello farmaceutico; alle istituzioni di governo della sanità; ai centri di ricerca, dove la competenza medica e quella ingegneristica saranno al centro di grandi possibilità in termini di innovazione e di nuovi risultati”.

Una figura da trattenere in Italia, con condizioni di ricerca, economiche e di crescita in grado di reggere la competizione. E anzi da considerare come stimolo di attrazione di altre competenze da altre aree d’eccellenza della medicina e dell’ingegneria hi tech. 

È una sfida complessa. Tecnologica, imprenditoriale, formativa, sociale. E dunque politica e culturale. L’Italia e Milano hanno ottime carte da giocare, anche guardando all’Europa.

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.