VENEZIA, SCOPPIA CASSONE DEL MOSE

Chioggia: eccessiva pressione del calcestruzzo. Camera iperbarica sottomarina per la riparazione, costa 10 milioni

 Un cassone del Mose alla bocca di porto di Chioggia è scoppiato per la pressione troppo alta del calcestruzzo. Incidente accaduto qualche tempo fa e tenuto riservato. Ma adesso sono in corso sott’acqua i complicati lavori di ripristino del grande manufatto, una delle basi in cemento da 16 mila tonnellate, alta come un condominio di dieci piani, affondate in laguna per fissarci le paratoie delle dighe mobili. È stata montata in questi giorni una camera iperbarica dalle dimensioni notevoli, che consentirà agli operai di lavorare sott’acqua per riparare il cassone. Operazione che avrà un costo di circa dieci milioni di euro, oltre ai tempi di lavoro che vanno ad assommarsi ai già notevoli ritardi per la costruzione dell’opera.

Così, mentre i riflettori sono puntati sull’inchiesta e le tangenti, la grande opera soffre una nuova battuta d’arresto. Legata stavolta a motivi tecnici. In fase di aggiustamento del cassone – l’ultimo degli otto affondati nella bocca di porto a fine agosto 2014 – gli operai dell’impresa Condotte hanno pompato a dieci metri di profondità tonnellate di calcestruzzo per «stabilizzare» il cassone affondato. Il calcestruzzo doveva sostituire la sabbia del fondale, che però per un errore di calcolo è rimasta al suo posto, aumentando la pressione sul manufatto in modo esponenziale. E alla fine, il cassone è scoppiato. Non proprio una notizia di cui andare fieri, per la nuova gestione dei commissari. Anche perché l’operazione dell’affondamento dei cassoni era stata pubblicizzata con toni entusiastici, sottolineando la «precisione millimetrica dell’operazione».

Adesso è tutto da rifare, almeno per quanto riguarda il cassone numero 8. Per questo la Capitaneria di porto ha anche emesso un’ordinanza che limita il transito di navi e pescherecci in bocca di porto, disponendo anche manovre di accompagnamento da parte dei rimorchiatori.

Gli operai sono al lavoro per riparare il guasto. «Purtroppo l’errore umano può sempre accadere», commenta sconsolato un tecnico del Consorzio, «i costi del lavoro aggiuntivo saranno coperti dall’assicurazione».

Non è il primo incidente che accade ai cantieri del Mose in costruzione. Altri erano successi negli ultimi anni, pur non di queste dimensioni e importanza. Il primo, il crollo di una parte della diga foranea in pietra d’Istria da 43 milioni di euro appena collaudata alla bocca di porto di Lido. Poi lo scorso inverno l’allagamento di un cassone dopo una mareggiata eccezionale. E adesso lo «scoppio» di un intero cassone. Uno dei 30 bestioni costruiti sulla spiaggia di Santa Maria del Mare, affondato sotto la laguna per costituire la barriere di appoggio alle 78 paratoie, montate oggi solo nella bocca di Lido-Treporti e in via di sperimentazione, anche per le vernici e la manutenzione, piuttosto complicata per un’opera destinata a rimanere sempre sott’acqua. Il Mose, opera da quasi sei miliardi di euro, secondo i dati diffusi dal Consorzio è al’85 per cento della sua realizzazione. Manca la parte più delicata, cioè l’avvio del sistema delle paratoie. Che a Chioggia subirà un ulteriore ritardo per i lavori di ripristino del cassone scoppiato.

di Alberto Vitucci

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