DIRITTO – Le operazioni sotto copertura nel testo unico sugli stupefacenti

1. L’agente sotto copertura e l’agente provocatore

Le operazioni sotto copertura sono un importante strumento utilizzato dalla polizia per contrastare la criminalità organizzata e il narcotraffico. In Italia, la disciplina di queste operazioni è contenuta nell’articolo 97 del testo unico sugli stupefacenti (D.P.R. 309/90), che rinvia all’articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146.

Secondo questi articoli, gli agenti di polizia giudiziaria, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, possono infiltrarsi in un gruppo criminale al fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti di stupefacenti. In particolare, gli agenti possono:

  • acquistare o ricevere sostanze stupefacenti;
  • sostituiscono od occultano denaro o altra utilità;
  • danno rifugio o prestano assistenza agli associati;
  • compiono attività prodromiche e strumentali.

L’attività dell’agente sotto copertura è giustificata dalla necessità di acquisire elementi di prova utili a contrastare la criminalità organizzata. Tuttavia, l’agente sotto copertura deve sempre rispettare la legge e non può commettere reati che non siano strettamente necessari per raggiungere lo scopo dell’operazione.

L’agente provocatore è una figura analoga all’agente sotto copertura, ma con una differenza fondamentale: l’agente provocatore non si limita a infiltrarsi in un gruppo criminale, ma induce anche i suoi membri a commettere reati che non avrebbero commesso senza il suo intervento.

L’utilizzo dell’agente provocatore è controverso, in quanto si ritiene che possa violare il principio di non colpevolizzazione per induzione. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’utilizzo dell’agente provocatore in alcuni casi, affermando che esso può costituire una violazione dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela il diritto a un processo equo.

In Italia, la Corte di cassazione ha riconosciuto che l’attività dell’agente provocatore può essere giustificata dalla necessità di contrastare la criminalità organizzata, ma solo se la provocazione è limitata a un intervento indiretto e marginale.

2. L’utilizzabilità delle dichiarazioni dell’agente sotto copertura

Le dichiarazioni dell’agente sotto copertura sono utilizzabili nel processo penale a carico dei soggetti coinvolti nelle attività dell’operazione. Tuttavia, la Corte di cassazione ha precisato che le dichiarazioni dell’agente sotto copertura non possono essere utilizzate come prove a carico di altri soggetti, ad esempio i superiori gerarchici o i colleghi che hanno autorizzato l’operazione.

Inoltre, le dichiarazioni dell’agente sotto copertura possono essere utilizzate solo se sono corroborate da altri elementi di prova.

Conclusioni

Le operazioni sotto copertura sono un importante strumento per contrastare la criminalità organizzata e il narcotraffico. Tuttavia, la loro legittimità è controversa, in quanto si ritiene che possano violare il principio di non colpevolizzazione per induzione.

La Corte di cassazione ha riconosciuto che l’attività dell’agente sotto copertura può essere giustificata dalla necessità di contrastare la criminalità organizzata, ma solo se l’agente rispetta la legge e non induce i soggetti coinvolti a commettere reati che non avrebbero commesso senza il suo intervento.

Le dichiarazioni dell’agente sotto copertura sono utilizzabili nel processo penale, ma solo se sono corroborate da altri elementi di prova.

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.