Scienza – Guerra e Tecnologie: Profitti e Contraddizioni

Nel complesso panorama delle scienze e delle tecnologie belliche, emerge un costante dilemma etico legato all’impiego di strumenti innovativi, inizialmente concepiti per scopi diversi, ora impiegati nei conflitti contro le popolazioni. Questa evoluzione ha un impatto diretto sul settore bellico, che trae vantaggio dalla vendita di strumenti di distruzione sempre più avanzati.

Le riflessioni prendono le mosse dall’annuncio dell’utilizzo di droni e intelligenza artificiale per lo sminamento di territori minati con mine antiuomo e anticarro. Questo paradossale ciclo vede la tecnologia e l’industria militaristica, responsabili della fornitura di mezzi di distruzione sofisticati, adattarsi successivamente per offrire soluzioni atte a mitigare gli effetti delle devastazioni create.

Il filo conduttore di questo ciclo è il profitto, che si manifesta prima attraverso la produzione di strumenti distruttivi e successivamente attraverso la fornitura di mezzi per la riparazione e la bonifica dei territori colpiti. Un aspetto crudele e ingiustificato, considerando la tragica ironia di poter eliminare gli effetti delle stesse armi vendute precedentemente.

Le proteste pacifiste, seppur commendabili, sembrano essere percepite con indifferenza dalla società, mentre coloro che le guidano rischiano maltrattamenti e arresti. La legge del profitto, insensibile alle perdite umane, genera un circolo vizioso in cui le distruzioni conducono a profitti ulteriori derivanti dalle ricostruzioni.

Nel contesto delle mine antiuomo, le spese per le bonifiche risultano difficili da valutare a causa della complessità nel rilevamento dei dati. Il rapporto dell’Osservatorio sulle mine dell’OMS stima che nel 2018 ci siano state circa 7.200 vittime, di cui l’87% adulti e 2.452 bambini. La presenza di ordigni mascherati da giocattoli aumenta la crudeltà, coinvolgendo vittime provenienti da 49 paesi, anche quelli ormai in pace ma con ampi territori ancora da bonificare.

Nonostante il Trattato di Ottawa del 1997 abbia vietato l’uso, lo stoccaggio, la produzione e lo spostamento delle mine antiuomo in 164 paesi, 33 Stati membri dell’ONU, tra cui USA, Russia, India e Cina, hanno scelto di non aderirvi.

Il mercato bellico diretto è affiancato da quello indiretto per le ricostruzioni e bonifiche, evidenziato recentemente nell’uso di droni in Ucraina per individuare ordigni nei territori da ripulire.

I droni, inizialmente sviluppati come aerei a pilotaggio remoto, hanno evoluto in strumenti sofisticati con applicazioni in svariati settori, inclusa la protezione civile e lo sminamento. Uno studio della Columbia University propone l’uso di droni per uno sminamento più rapido e sicuro, riconoscendo oltre settanta tipi di ordigni attraverso un algoritmo.

Tuttavia, nonostante i benefici potenziali, l’impiego di droni per lo sminamento è solo un lato della medaglia, poiché è intrinsecamente legato all’industria della distruzione. La pratica di generare profitti attraverso la produzione e la successiva risoluzione dei danni inflitti solleva interrogativi morali.

Gli affari legati al complesso militare-industriale durante e dopo i conflitti sono considerevoli. Un esempio italiano è rappresentato dai finanziamenti e investimenti di Intesa Sanpaolo nel settore degli armamenti, che solleva dubbi sulla reale neutralità delle istituzioni finanziarie in un contesto così delicato.

La realtà di guerre, profitti e ricostruzioni costituisce una complessa trama che richiede un’analisi critica e la denuncia di pratiche che, sebbene legali, sollevano interrogativi etici sulla condotta umana e economica.

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.