DALLA SVIZZERA TROPPA BUROCRAZIA NEGLI APPALTI IN ITALIA

“Accordi… unilaterali. Provate voi a cercare di avere un appalto in Italia…”

 L’economia ticinese soffre degli effetti negativi degli accordi bilaterali rispetto al resto della Svizzera, soprattutto in riferimento alla libera circolazione delle persone e agli appalti pubblici; quest’ultimo, elaborato in base alle disposizioni dell’Organizzazione mondiale del commercio. Dal 1° giugno 2002, data in cui entravano in vigore gli accordi, le piccole e medie imprese operanti in Ticino sono confrontati con la concorrenza d’oltre confine. La presenza di padroncini e lavoratori distaccati nel nostro territorio preoccupa seriamente l’economia ticinese, in particolare il settore edile. Solo lo scorso anno si sono registrate ben oltre 40’000 notifiche, di cui due terzi figuravano richieste di lavoro temporaneo (meno di 90 giorni) da parte dei lavoratori distaccati, mentre il restante terzo da lavoratori indipendenti, meglio definiti come padroncini. Allora sorge spontanea una domanda: cosa comporta il numero così alto di notifiche in termini d’impieghi e cifra d’affari? Secondo gli analisti del settore, l’economia locale avrebbe perso circa 1’000 impieghi a tempo pieno e una cifra d’affari pari a quasi 200 milioni di franchi solo nel 2014. Questo è il motivo per cui alcune nostre imprese e aziende ticinesi chiudono i battenti!

L’accordo sulla libera circolazione delle persone crea quindi disoccupati, soprattutto giovani ticinesi, e di riflesso aumenta sistematicamente il numero di persone in assistenza. Nei confronti di Berna bisogna reagire con più determinazione: occorre introdurre dei contingenti sui frontalieri, in particolare nel settore terziario dove la manodopera ticinese non manca. Le misure di accompagnamento contro il dumping salariale e sociale (in vigore dal 1° giugno 2004) non sono servite a difendere i lavoratori ticinesi. Purtroppo, le pressioni verso il basso sui salari e il rispetto delle condizioni lavorative la fanno da padrone, e questo per il semplice fatto che i controlli sono insufficienti: solo 6 ispettori presenti in tutto il Cantone per controllare i cantieri.

Sul fronte degli appalti pubblici il problema non è da meno. L’accordo prevede l’obbligo reciproco di bandire gare per la fornitura di materiale e la costruzione di opere edili. Questo significa che un’impresa registrata nell’UE ha il diritto di partecipare alle gare per l’aggiudicazione di tali appalti pubblici in Svizzera e nei paesi dell’Unione. Sulla carta tutto bene, ma il concetto di reciprocità non è sempre rispettato, soprattutto con la vicina Italia, dove il concetto appare piuttosto unidirezionale. La realtà è che le imprese svizzere non riescono a battere chiodo sul suolo italiano. Troppe sono le leggi e i testi normativi riguardanti l’Autorità e la materia dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che impediscono alle nostre imprese di partecipare al mercato italiano. Lavorare in Italia comporta l’assoggettamento alle casse edili e quindi il pagamento di circa un quarto del salario lordo, oltre naturalmente ai costi di un bravo legale.

Gli accordi UE mettono in difficoltà l’economia ticinese e causano l’aumento della disoccupazione e di casi in assistenza: ecco alcuni motivi per dire NO alla strisciante adesione all’UE!

di Bruno Buzzini

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