La profezia di Nikola Tesla, l’uomo indefinibile che ha inventato il ventunesimo secolo

L’inizio, è proprio il caso di dirlo, è folgorante. Sulla piccola cittadina di Smiljan, in Croazia, la notte del 10 luglio 1856 si abbatte un fragoroso fortunale. Non è il classico temporale estivo, sembra un flagello biblico, con raffiche di vento e muri d’acqua e grandine. Nella sua casa, distesa sul letto, una donna si contorce per i dolori del parto imminente. L’atmosfera non è delle più propizie per un evento del genere: rumore infernale, porte che sbattono, vetri che scoppiano, candele che si spengono, buio totale. A mezzanotte in punto le urla della puerpera vengono inghiottite dal rombo di un tuono e sovrastate dalla deflagrazione di un fulmine che si è abbattuto nel bosco vicino. Illuminato dal riflesso della saetta, il suo bambino appena nato.

La prima luce vista dagli occhi di Nikola Tesla è una formidabile scarica elettrica in cielo. Per il resto della sua vita, inseguirà quel prodigio. Sin dall’infanzia il piccolo Nikola soffre di una strana sindrome che gli consente di vedere, al buio, gli oggetti. Di sentirli. È lui stesso a spiegarcelo, nella sua autobiografia: «Durante la mia giovinezza ho sofferto di un particolare disturbo dovuto alla comparsa di lampi di luce che compromettevano la vista degli oggetti reali e interferivano con i miei pensieri e le mie azioni. Erano riproduzioni di cose e situazioni che avevo visto realmente, e mai solo immaginato».

«Avevo circa dodici anni quando per la prima volta riuscii intenzionalmente a scacciare una delle mie immagini dalla vista, ma sui lampi di luce non ho mai avuto alcun controllo. Sono stati, probabilmente, l’esperienza più strana e inspiegabile della mia vita». I lampi. Se crediamo alla predestinazione, è ovvio che il «disturbo» sia frutto di quel battesimo di fuoco, ma forse più attendibile sarebbe un’eziologia neurologica, seppur mai diagnosticata.

Certo è che quel ragazzino non assomiglia a nessuno. Innanzitutto è dotato di una memoria prodigiosa che gli permette di archiviare nel cervello centinaia di volumi letti voracemente, sette lingue imparate alla perfezione insieme a un’infinità di calcoli effettuati in automatico e dei quali non può fare a meno: il volume degli oggetti, la loro circonferenza, il peso, la misurazione delle distanze. Ma anche il numero di passi, i gradini di una scala, le posate sul tavolo…

A ogni oggetto o evento corrisponde un numero. In questa selva di cifre, l’ossessione regina è il multiplo di tre. Tutto ciò che può dividersi per tre gli dà sollievo: «Ogni atto o azione reiterata che compissi doveva essere divisibile per tre e se fallivo sentivo di dover rifare tutto da capo, avessi dovuto metterci delle ore”. Il cervello di Nikola Tesla è una fornace sempre accesa, un ingranaggio complesso a moto perpetuo. Il problema è riuscire a star dietro a tutte le idee che zampillano dalle meningi e che si affastellano una sull’altra. Alcune emergono e si concretizzano, altre permangono nel suo immaginario ed esistono solo per lui.

Sarà la sua forza e la sua condanna. Molte delle invenzioni partorite dalla sua mente, decisive per il progresso umano, saranno realizzate da altri. Qualche esempio? I raggi X, la radio, il telecomando, Internet, il wi-fi…

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Il 7 gennaio del 1943, sulla stampa americana, esce la seguente notizia: «Nikola Tesla died quietly and alone in room 3327 on the 33rd floor of the Hotel New Yorker in New York City. The coroner would later estimate the time of death at 22.30. He was 86 years old».

Soltanto il nome. Non è un caso che nessun titolo preceda il nome di Nikola Tesla, l’uomo indefinibile, inclassificabile. Scienziato, inventore, mago, ciarlatano, pazzo, visionario, veggente. Personaggio grandioso che ha ispirato scrittori e registi (anche se un grande film su di lui non è ancora stato realizzato. Io ci vedrei Nole Djokovic nel ruolo del protagonista, e non soltanto per le origini serbe). Il visionario regista americano Christopher Nolan ha avuto la giusta intuizione di offrire il ruolo di Tesla a David Bowie nel suo film The Prestige, ma si tratta solo di un cameo, Tesla non è una figura centrale del film.

Un’unità di misura dell’induzione magnetica porta il suo nome, così come un cratere lunare, situato nella parte nord occidentale della faccia nascosta della luna. Ma ciò che forse si avvicina maggiormente al suo spirito e che di certo lui avrebbe apprezzato, è una statua in bronzo con le sue fattezze, dispensatrice di wi-fi gratuito. Si trova a Palo Alto, nella Silicon Valley.

In molti sostengono che fu l’inventore del ventesimo secolo, e a giudicare da ciò che fece e disse l’iperbole pare calzante. Da un’intervista del 1926: «La Terra si trasformerà in un enorme cervello, quale di fatto è, e tutte le cose saranno parte di un intero reale e pulsante. Saremo in grado di comunicare l’uno con l’altro in modo istantaneo, indipendentemente dalla distanza. Non solo, ma attraverso uno schermo riusciremo a vederci e sentirci esattamente come se ci trovassimo faccia a faccia anche se lontani migliaia di chilometri. E gli strumenti che ci permetteranno di fare ciò saranno incredibilmente semplici in confronto al telefono che usiamo ora: un uomo sarà capace di tenerli nel taschino del gilet».

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.