Smart working: tre ragioni per cui «non funziona» nel pubblico impiego

Nel Dm i principi di rotazione e di prevalenza; lavoro agile in una minoranza di giorni

Il 15 ottobre, oltre all’ingresso del Green Pass obbligatorio negli uffici, segna la fine del lavoro agile come regola, diventando questo l’eccezione. Così si esprime il  Dpcm del 23 settembre secondo cui da metà ottobre la prestazione in presenza costituisce la modalità ordinaria di svolgimento dell’attività lavorativa.

Per traghettare la Pa verso lo smart working a regime, sono in arrivo le istruzioni dettate da un decreto del ministro per la Pa Renato Brunetta. Il provvedimento, se da un lato fa tornare in presenza immediatamente tutti gli operatori che garantiscono il front office, dall’altro concede altri 15 giorni per un rientro scaglionato degli altri. Il tutto va accompagnato da un potenziamento delle fasce di flessibilità dell’orario, anche in deroga al contratto nazionale, per evitare assembramenti in entrata e in uscita.

Al via la fase “intermedia”

In attesa dei prossimi contratti nazionali (per le Funzioni centrali i lavori sono in corso, mentre per le Funzioni locali la trattativa si è aperta in questi giorni) e dell’adozione del Piano integrato di attività e organizzazione, il datore di lavoro pubblico dovrà definire in modo puntuale la cornice all’interno della quale potrà autorizzare il lavoro agile in questa fase intermedia. Ciò nell’ambito delle condizioni stabilite dal Dm, che si prefiggono lo scopo non solo di non pregiudicare i servizi all’utenza, ma anche di smaltire eventuali arretrati. Tra i criteri dettati, innanzitutto deve essere rispettato il principio della rotazione, che vede l’alternanza dei dipendenti in lavoro agile e in presenza, anche qualora richiesta da esigenze sanitarie, e quello della prevalenza, con i lavoratori che devono essere più in ufficio che a casa.

La strumentazione per il lavoro agile

Dal lato informatico, le amministrazioni devono garantire la sicurezza delle infrastrutture per la tutela dei dati, ma questo non sembra rappresentare un problema perché costituiva un requisito minimale anche nella fase di emergenza. Mentre una novità è rappresentata da quello che sembra essere un obbligo del datore di lavoro di fornire la strumentazione necessaria al lavoro agile. Nessuna indicazione è presente sulle modalità di copertura dei relativi costi.

Serve accordo dipendente/dirigente

Dal lato dei formalismi, si supera il lavoro agile semplificato per entrare in un regime che richiede l’accordo con il dipendente, limitando la discrezionalità del dirigente circa chi, quando e come coinvolgere nello smart working. Nell’accordo devono essere fissati puntualmente gli obiettivi che il lavoratore deve raggiungere, specificando le modalità e i tempi di esecuzione e i criteri per la misurazione dei risultati. Il programma di lavoro richiederà l’individuazione delle fasce di disconnessione e di contattabilità.

Il problema dei tempi

Per la realizzazione di tutto questo è prevista l’adozione di Linee guida da parte del ministero per la Pa, previo confronto con i sindacati.

Ma con tutta la carne al fuoco che è stata messa, è complicato arrivare pronti ai blocchi di partenza il 15 ottobre.

(Fonte)

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.