Spiagge senza plastica, le nuove regole non bastano

I Tribunali amministrativi di Puglia e Sicilia hanno sospeso le ordinanze che vietavano l’uso di plastica monouso nei lidi, ribadeno quanto sia complesso passare dalle buone intenzioni ai fatti

La battaglia contro la plastica in spiaggia si arricchisce di un nuovo capitolo. E stavolta a uscirne sconfitti sono i paladini dell’ambiente. Il Tar della Puglia ha infatti sospeso l’ordinanza della Regione che aveva vietato, in tutti i lidi del suo territorio, l’utilizzo di contenitori per alimenti in plastica monouso, comprese le bottiglie in PET. La sentenza vera e propria è attesa per il febbraio 2020, quando i giudici discuteranno il merito della questione, ma i suoi effetti, grazie all’accoglimento del ricorso cautelare, sono validi da subito e avranno un impatto soprattutto ora che le spiagge sono piene.

Già nella prima metà di luglio il Tar della Sicilia si era pronunciato nello stesso senso nei confronti di due ordinanze comunali molto simili, emanate dai comuni di Trapani e di Santa Flavia (in provincia di Palermo). Provvedimenti dello stesso tenore sono stati presi da decine di enti locali disseminati lungo le coste italiane, per ora senza conseguenze legali: secondo il ministro dell’ambiente Sergio Costa sono circa 200 “le istituzioni nazionali e locali, scuole, università, piccole e grandi realtà imprenditoriali” che hanno preso iniziative contro l’uso della plastica. Per tutti, il faro è la direttiva europea 2019/904 con la quale la Ue ha vietato l’utilizzo e la messa in vendita di posate, piatti monouso, cannucce, bastoncini cotonati e per palloncini in plastica, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso a partire dal 2021 in tutti gli stati membri.

Ma allora perché i giudici amministrativi hanno bocciato le iniziative ambientaliste dei due Comuni siciliani e, soprattutto, della Puglia dal momento che la Regione ha uno spettro di competenze assai superiore rispetto ai Comuni? Il primo motivo, a detta dei giudici amministrativi, è che l’Italia non ha ancora recepito la direttiva europea. Non c’è quindi una norma nazionale che traduca in fatti i principi stabiliti a Bruxelles. C’è poi una ragione più tecnica, ma di importanza primaria, che è quella delle competenze.

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“Fondamentalmente, il Tar della Puglia ha ricordato alla Regione che non ha il potere di legiferare in materia di tutela ambientale, pur avendo in mano la gestione dei lidi e delle coste” spiega a National Geographic Andrea Netti, il legale che ha sostenuto in tribunale le ragioni di Confida, Assobibe, Mineracqua e Italgrob, associazioni di categoria che rappresentano rispettivamente la filiera della distribuzione automatica, le imprese che producono bevande analcoliche, quelle dell’acqua minerale e le aziende che le distribuiscono e che hanno presentato tutte il ricorso al Tar.

La direttiva europea ha lo scopo di armonizzare in tutti gli Stati le norme sulla plastica monouso e “non è pensabile che ogni Comune la possa interpretare per conto suo”, continua Netti, secondo il quale, però, la Regione Puglia avrebbe potuto – forse – evitare la sospensione del Tar se si fosse mossa in modo più cauto. “Nel periodo in cui la direttiva è approvata ma non recepita a livello nazionale, le amministrazioni pubbliche possono adottare degli atti che, però, devono restare dentro allo steccato della direttiva stessa”. E questo la Puglia, secondo il legale, non l’ha fatto, “perché ha voluto vietare anche le bottiglie in PET, che invece l’Europa aveva tenuto fuori”, pur stabilendo nuovi obiettivi di raccolta differenziata (il 90% entro il 2029) e di produzione (entro il 2025 le bottiglie dovranno contenere almeno il 25% di contenuto riciclato e il 30% entro il 2030).

“In realtà l’ordinanza prevedeva una deroga per le bottiglie di plastica fino al 30 settembre. Per tutta l’estate, quindi, si sarebbero potute tranquillamente vendere”, è il parere di Giuseppe Delle Foglie, avvocato che, insieme a Lara Marchetta, ha difeso il WWF nella sua opposizione al ricorso degli industriali del settore. Delle Foglie contesta anche l’aspetto delle competenze: “La Regione ha esercitato i poteri consentiti dalla legge perché quell’ordinanza, in realtà, non rientra nell’ambito della tutela ambientale (che è di competenza nazionale) bensì in quello della gestione integrata delle zone costiere, che invece spetta alle Regioni”.

La Regione Puglia, attraverso l’assessore all’Ambiente Gianni Stea ha già assicurato che applicherà subito la decisione del Tar ma, allo stesso tempo, si è appellata ai gestori degli stabilimenti balneari “affinché si utilizzino da subito e il più possibile posate e stoviglie di materiale compostabile al posto di quelle di plastica che rappresentano un vero e proprio veleno per l’ambiente e l’ecosistema marino”.

E sono molti i gestori che hanno accolto con entusiasmo le ordinanze plastic free approvate in molti Comuni italiani, ma c’è anche un problema pratico, secondo Fabio Licordari, presidente di Assobalneari, appartenente a Federturismo Confindustria: “Prima di approvare questi divieti sarebbe più utile fornire un’alternativa. Serve gradualità, così come è avvenuto per i sacchetti di plastica: il giorno in cui sono stati ufficialmente vietati, sia esercenti che consumatori erano informati e i sacchetti alternativi erano già nelle case di molti italiani”. Secondo Licordari “nel momento in cui un cliente ci chiede una cannuccia, siamo un po’ in difficoltà: sul mercato non è facile trovare quelle biodegradabili e soprattutto non a basso costo”.

L’inquinamento da plastica nei mari del pianeta sta raggiungendo livelli preoccupanti, secondo un recente studio questo materiale è triplicato nell’Atlantico dagli anni Sessanta a oggi e le foto pubblicate su National Geographicnel giugno 2018 mostrano la drammatica realtà di cavallucci marini che portano “a spasso” un cotton fioc o di fiumi che trasportano immense quantità di sacchetti.

“Quella contro la plastica non è una battaglia solo ambientale ma di civiltà – commenta Nicolò Carnimeo, delegato del WWF per la Puglia – e per questo mi aspettavo che, di fronte a un’emergenza che ci riguarda tutti, tutti avremmo fatto fronte comune. Il ricorso contro l’ordinanza mi ha sinceramente stupito. Dovremmo avere consapevolezza del problema, non ci sono più scuse per non agire”. (fonte)


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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.