Professionista: evasione per attività gratuita o a compenso basso

Fatture: sono così pochi gli autonomi che lavorano gratis – o lo fanno a fronte di compensi tanto bassi da essere antieconomici – che la legge opera, in via automatica, una presunzione di onerosità di tutte le attività professionali. In buona sostanza, quando un autonomo svolge un incarico, il fisco già presume che, per esso, sia stato percepito un compenso.

Dall’altro lato, però, nulla vieta che il contribuente possa davvero svolgere un’attività a titolo gratuito, come per esempio nei confronti di un parente, un amico o solo per scopo promozionale. Allo stesso modo, è possibile fatturare un importo nettamente inferiore alla media di quelli di mercato, soprattutto oggi che il Decreto Bersani ha eliminato, almeno per gli avvocati, gli importi minimi per i compensi percepiti. Alcuni però, utilizzano questo sistema per evadere le tasse.   Di “voci di corridoio” per aggirare il fisco ne cicolano tante, fin troppe, molte delle quali, spesso, infondate e, anzi, pericolose perché espongono il contribuente al rischio di un accertamento fiscale dal quale, poi, è difficile difendersi: come appunto quello di non fatturare determinate prestazioni o fatturarle per importi minimi, inferiori rispetto a quelli effettivamente ricevuti, per poi sostenere – in caso di richiesta a chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate – che si è trattato di un’attività svolta a titolo gratuito o con un forto sconto “amicale”.

Quanto è lecito e difendibile un comportamento del genere da parte del contribuente? Quanta libertà ha il fisco, in altri termini, di sindacare i compensi dichiarati dal professionista? La questione è stata più volte discussa nelle aule della Cassazione e l’orientamento che ne è uscito fuori è una via di mezzo, che certo non consente di ritenere l’esistenza di una totale libertà, per il lavoratore autonomo, di non fatturare determinate prestazioni schermandosi dietro lo scudo della gratuità.   È stato infatti sostenuto dai supremi giudici [1] che, se un contribuente sostiene di aver svolto prestazioni a titolo gratuito o a un importo che l’ufficio ritiene di dover sindacare in quanto non congruo, è legittimo l’accertamento dell’Agenzia delle entrate che ha assoggettato a tassazione i compensi non dichiarati, essendosi in presenza di un comportamento manifestamente antieconomico. La linea di confine tra il lecito e l’illecito è, ovviamente, il caso concreto, la dimensione e l’importanza dell’attività, i rapporti tra il contribuente e il cliente, ma soprattutto la sistematicità con cui tale comportamento viene posto in essere. Ma è sempre bene non sottovalutare l’attenzione del fisco alle operazioni “sospette”.

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MARIO FERRAIOLI - Nel '94 fondo lo STUDIO ALBATROS, informatico e consulente aziendale sono autore di un software gestionale per la sicurezza sul lavoro e nei cantieri sviluppato in Intelligenza Artificiale.